Regina Viarum – Roma – 09/06 – 11/06

SpazioELLE

presenta    

Regina Viarum

dal centro alla periferia

 mostra collettiva d’arte contemporanea

 

Con il Patrocinio del Parco Regionale dell’Appia Antica

Opere di

 Federica Bartoli, Laura Giovanna Bevione, Domenico Cornacchione, Simona De Caro, Aldisio D’Elia, Andrea D’Elia, Vito Gara,

Stefano Maria Girardi, Toni Rotunno, Mara van Wees.

A cura di Domenico Cornacchione

9 – 11 giugno 2017

Complesso della Ex Cartiera Latina – Sala Nagasawa

Via Appia Antica 42, c.a.p. 00179 Roma

“REGINA VIARUM – dal centro alla periferia” è una mostra collettiva di scultura, pittura e fotografia curata da Domenico Cornacchione, organizzata dalla Galleria d’Arte Contemporanea SpazioELLE – Centro di Ricerca e Sperimentazione Artistica e patrocinata dall’Ente Parco Regionale dell’Appia Antica.

SpazioELLE è un nuovo spazio espositivo gestito dall’Associazione Culturale LA CICALA, si trova a Castel Gandolfo (Roma), in Via del mare 138, esattamente dove la periferia di Castel Gandolfo si fonde con quella di Albano Laziale e di Roma.

In mostra troviamo i lavori di Federica Bartoli, Laura Giovanna Bevione, Domenico Cornacchione, Simona De Caro, Aldisio D’Elia, Andrea D’Elia, Vito Gara, Stefano Maria Girardi, Toni Rotunno e Mara van Wees.

L’esposizione è il resoconto finale di una lunga camminata percorrendo l’Appia Antica che gli artisti hanno compiuto partendo da Porta San Sebastiano fino ad arrivare alla Galleria SpazioELLE. Un tragitto di quasi 25 km che gli artisti hanno percorso interamente a piedi.

L’Appia Antica, in questa mostra, viene presenta come un’importante arteria di “comunicazione culturale” che parte dal centro di Roma e arriva nelle più lontane periferie, portando con sé storia e arte contemporanea, una lunga via di comunicazione intellettuale che accorcia le distanze tra centro e periferia.

Gli artisti, durante questa lunga camminata, hanno raccolto idee e spunti di riflessione, hanno registrato le loro impressioni, sensazioni e stati d’animo, hanno preso annotazioni, fotografato, realizzato schizzi e appuntato idee che in seguito, una volta tornati nei loro studi, hanno reinterpretato per dargli forma. Ogni artista ha fissato la propria attenzione su un punto preciso dell’Appia Antica, su un tema, su un particolare o un personaggio simbolo del parco.

 

Federica Bartoli ha concentrato la sua attenzione sul complesso dell’ex Cartiera Latina, che è anche la sede che ospita questa mostra. Il suo lavoro, prevalentemente incentrato su studi pittorici realizzati su fogli di carta, rende omaggio all’ex Cartiera che nel 1998 è stata concessa al Parco Regionale dell’Appia Antica, per farne la propria sede. In quest’area sorgeva uno dei più grandi stabilimenti di produzione di carta dell’Italia meridionale. La fabbrica chiuse nel 1985.


Aldisio G. D’ELIA
, scultore, architetto e docente dell’Accademia di Belle Arti di Roma, invece, rende omaggio alla statuaria romana. Per questa mostra ha realizzato sculture di marmo ispirate ai resti di statue che si possono trovare lungo l’Appia Antica. I suoi “frammenti”, parti di figure umane, lasciano trapelare suggestioni archeologiche che eliminano definitivamente le distanze tra arte antica e arte contemporanea.

Stefano Maria Girardi, attraverso i suoi dipinti su tavola, ci parla delle Catacombe di San Callisto e in particolare della figura di Santa Cecilia. Le catacombe di S. Callisto sono tra le più grandi e importanti di Roma. Sorsero verso la metà del secondo secolo e fanno parte di un complesso cimiteriale che occupa un’area di quindici ettari di terreno. In esse trovarono sepoltura decine di martiri, sedici pontefici e moltissimi cristiani, tra questi anche Santa Cecilia, patrona della musica cui è dedicata una Cripta.

L’opera di Toni Rotunno è un omaggio al fiume Almone che attraversa gran parte del parco dell’Appia Antica passando anche accanto all’Ex Cartiera Latina. In antichità questo fiume era considerato sacro per via di una cerimonia dedicata alla dea Cibele che si svolgeva il 27 marzo di ogni anno. Una pietra nera, simulacro aniconico della divinità, veniva immerso in suo onore nel fiume. Il culto di Cibele fu introdotto a Roma nel 204 a.C., quando questa pietra nera di forma conica/piramidale, fu portata da Pessinunte, città della Galazia, fino a Roma. La pietra nera, reinterpretata da Rotunno, appare come un reperto, ciò che resta di una divinità dimenticata. Alle sue spalle la luce blu che si espande dalla grande finestra avvolge lo spettatore in una dimensione rarefatta, incantata, quasi come se ci si trovasse interamente sommersi sotto le sacre acque dell’Almone insieme alla pietra nera di Cibele.

Il fiume Almone è protagonista anche nei lavori di Domenico Cornacchione che immagina una battuta di pesca immaginaria a caccia dei “mostri” nascosti nelle acque del fiume. Si tratta di pesci nati dalla fantasia dell’artista, presentati come delle scoperte ambientali uniche e singolari. L’artista veste i panni di un pescatore e ci ricorda che la città (il fiume Almone scorre dentro la città di Roma sfociando nel Tevere) ha anche altri cittadini oltre a noi, animali che condividono, non sempre per scelta ma più spesso per necessità, gli spazi urbani delle nostre metropoli. Il parco dell’Appia Antica è, tra le tante cose, anche questo: uno spazio di convivenza diverso e singolare, non solo tra uomo e animale, ma anche tra storia e presente, tra arte e città. Il parco dell’Appia Antica non è un luogo “morto”, non è un “semplice” museo a cielo aperto, è qualcosa di più, è uno spazio vivo, un modello di conservazione e fruizione.

Un modello che ha, comunque, continuamente bisogno di cure e di attenzione da parte di tutti, come ci ricorda lo scultore Vito Gara che, durante la lunga camminata compiuta con gli altri artisti lungo l’Appia Antica, ha osservato alcuni comportamenti incivili di alcuni turisti (pochissimi, per fortuna) che con molta leggerezza e superficialità hanno abbandonato i loro rifiuti gettandoli a terra. L’artista ha proposto nella mostra delle piccole scatole di legno e plexiglas con dentro quella piccola porzione di terra in cui il rifiuto è stato buttato. Gara ha operato come un chirurgo, asportando il rifiuto e il piccolo pezzo di terreno ormai inquinato ed esponendolo in mostra ponendoci di fronte ai nostri errori.

Mara van Wees, invece, ha concentrato la sua attenzione sulla parte medievale dell’Appia Antica, in particolare sul Castrum Caetani. Tra il 1302 e il 1303 Francesco Caetani, grazie all’intermediazione di Benedetto Caetani (Papa Bonifacio VIII), fece costruire un villaggio fortificato (castrum) a cavallo della via Appia circondato e difeso da una cinta muraria.

Nella mostra, oltre alla scultura e alla pittura, trova spazio anche la fotografia, egregiamente rappresentata da Andre D’Elia, che con il suo bianco e nero ci mostra alcuni degli angoli più suggestivi e poetici del Parco dell’Appia.

L’Appia Antica, non va dimenticato, è stata teatro di una delle esecuzioni più spietate della storia. Nel 71 a.C. 6000 schiavi si ribellarono al potere romano sotto la guida di Spartaco. Tutti i ribelli, però, furono catturati e crocefissi lungo la strada. 6000 morti che Domenico Cornacchione celebra nel suo lavoro. Il luogo di questa esecuzione di massa non è stato scelto a caso, la Via Appia era il luogo in cui il padrone poteva far uccidere un proprio schiavo pagando una piccola cifra, ce lo ricorda Laura Giovanna Bevione nella sua  videoinstallazione.

L’allestimento della mostra ricalca il percorso che gli artisti hanno compiuto a piedi, tracciate a terra, si trovano, come in una mappa topografica, segnate le strade che gli artisti hanno percorso: Via Appia Antica, Via Nettunense e, in fine, Vie del Mare fino ad arrivare al numero 138, civico della galleria SpazioELLE. La mostra si chiude, infatti, con un piccolo rettangolo che simboleggia, appunto, la galleria SpazioELLE. Al suo interno troviamo alcuni lavori degli artisti più rappresentatiti della galleria, tra cui quelli di Simona De Caro. Le sue sculture nascono da una serie di “disegni automatici” realizzati attraverso l’uso diretto del colore e della linea. Le curve sinuose, partendo dalla base, si sviluppano in altezza creando la tridimensionalità attraverso piani concavi e convessi. Non si tratta di semplici strutture “astratte” che nascono da un mondo o da un’esigenza interiore, ma sono forme concrete che hanno un chiaro rimando alla natura. Di particolare importanza, per l’artista, è lo studio della superficie delle forme che realizza. La parte superficiale delle sculture diventa una vera e propria “pelle”.

Con il Patrocinio del Parco Regionale dell’Appia Antica