A Rovereto la prima grande mostra italiana dedicata all’artista contemporaneo Li Yongzheng
LI YONGZHENG
NEL PROFONDO DI QUESTO DESERTO
da un’idea di Vittorio Sgarbi e Silvio Cattani
a cura di Giosuè Ceresato
Mart Rovereto, 12 aprile – 21 settembre 2025
A Rovereto la prima grande mostra italiana dedicata all’artista contemporaneo Li Yongzheng la cui opera multimediale si inserisce nel filone dell’arte relazionale. Attraverso video, installazioni, pitture e nuovi media il paesaggio visivo dell’artista cinese è un’articolata riflessione su alcune tra le più urgenti questioni sociali. Per ribadire, ancora una volta, che “tutta l’arte è politica”.
All artistic expressions are inherently political. […]
I seek to reveal perspectives that diverge from mainstream narratives, to bring to light the obscured, the overlooked, and the seemingly insignificant details of personal existence that do not conform to grand ideological constructs.
Li Yongzheng
Multimediale, attuale, a tratti disturbante, l’opera di Li Yongzheng interseca diverse discipline: dalla performance, alle installazioni, dal video alla pittura. Il punto di partenza non è mai il medium, quanto il tema, il contesto, l’esperienza concreta. L’intenzione – dichiarata – è quella di coinvolgere il pubblico, di favorire il pensiero, di raccontare al mondo le trasformazioni sociali e culturali della Cina contemporanea, di segnalare possibili nuovi marcatori della storia. Che si tratti di performance art, installazioni, video o opere interattive a lungo termine, tutte i lavori muovono da un’approfondita analisi dei contesti, delle radici culturali e dei luoghi in cui vengono realizzate. Attraverso l’azione artistica, Li Yongzheng osserva e descrive il presente, dai singoli episodi ai macro-temi.
Ne è un esempio la serie di video Borders, realizzata tra il 2015 e il 2020 nella regione autonoma dello Xinjiang nell’area occidentale della Repubblica Popolare Cinese, in risposta a episodi di odio di matrice nazionalista. Le caratteristiche antropologiche di quest’area sono direttamente collegate, nella lettura di Li Yongzheng, alle maestosità del paesaggio, caratterizzato da deserti, canyon e distese di ghiaccio. La natura diventa quindi uno strumento per comprendere la società, la cultura e l’umanità.
I video Yes, Today e Death Has Been My Dream for a Long Time, invece, sono ambientati rispettivamente nell’area rurale del Liangshan e sulle spiagge nei pressi di Tientsin. I profondi drammi che subiscono i bambini protagonisti di queste opere vengono affrontati con grande empatia e sublimati attraverso gesti carichi di ritualità.
Definito dal critico francese David Rosenberg l’artista dei grandi deserti, Li Yongzheng usa spesso elementi naturali simbolici, come la cera e il sale dell’Himalaya, per affrontare temi complessi legati alle tensioni culturali e alle dinamiche politiche.
Nel cortocircuito che si crea tra la bellezza delle opere e le contraddizioni di cui l’indagine di Yongzheng si nutre, emergono denunce che sono promesse inattese: l’artista è infatti convinto che l’arte, in quanto gesto politico, inneschi dibattiti e favorisca il cambiamento. Con profonda sensibilità, il lavoro di Yongzheng attiene alla realtà, denuncia la cronaca, disvela le storie, con l’ambizione di fornire prospettive alternative.
Apparentemente pessimista e disilluso, è un inno di speranza.
Dal punto di vista estetico la poetica di Li Yongzheng condivide spesso le soluzioni della Post-Internet Art, con l’utilizzo di Internet come strumento contemporaneo per la realizzazione delle opere, e i principi dell’Estetica relazionale, con il coinvolgimento attivo del pubblico nell’azione creativa o nella fruizione.
La mostra di Rovereto, negli ampi spazi del secondo piano del Mart, presenta 21 lavori tra installazioni multimediali, dipinti, fotografie e una grande opera spaziale che si sviluppa lungo l’intero percorso espositivo.
Il catalogo
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore, con il contributo di Vittorio Sgarbi, un testo di Andrea Del Guercio, un saggio a quattro mani di Désirée Marianini e Simone Pieranni e un’intervista all’artista di Silvio Cattani. Completano il volume le schede delle opere, a cura di Giosuè Ceresato, che offrono prospettive di lettura su ognuno dei lavori presentati a Rovereto.
Nato a Bazhong, nella provincia del Sichuan, nel 1971, Li Yongzheng frequenta il Department of Technology e il Department of Oil Painting del Sichuan Fine Arts Institute dal 1989 al 1991. Nel 1994 si laurea presso il Department of Fine Arts della Southwest University (precedentemente Southwest Normal University). Dal 1998 al 2000 prende parte ad alcuni seminari presso il Department of Sociology della Sichuan University, mentre vive e lavora Chengdu, nella provincia del Sichuan. Artista multimediale è conosciuto principalmente in Cina, dove ha all’attivo decine di mostre. Ha esposto anche in Giappone, a Taiwan, in Corea del Sud, in Australia, negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
In Europa ha partecipato a eventi collaterali alla 55. Biennale di Venezia (2013); alle mostre europee curate da Liang Kegang a Bologna nel 2013 e a Bonn nel 2014; ha esposto al Mercedes-Benz Center di Francoforte (2018), al Vienna Bank Building (2019). Quest’anno è prevista una personale a cura di Lin Shuchuan presso l’Art Museum of Nanjing University of the Arts, in Cina.
APPROFONDIMENTI
Il percorso della mostra nei testi di sala
Li Yongzheng (Bazhong, Cina, 1979) è un artista interessato alle trasformazioni sociali, politiche e culturali che riguardano il suo paese e il resto del mondo. Dal 1989 al 1991 frequenta il Department of Technology e il Department of Oil Painting del Sichuan Fine Arts Institute. Nel 1994 si laurea presso il Department of Fine Arts della Southwest University di Chongqing. Dal 1998 al 2000 segue i seminari del Department of Sociology della Sichuan University. Vive e lavora a Chengdu.
Le pratiche artistiche che usa per esprimersi sono la performance art, le installazioni, le opere interattive e la video art, ma lavora anche con tecniche più tradizionali come la fotografia e la pittura a olio.
In questa mostra, Li Yongzheng ci accompagna in paesaggi desertici, ostili ma allo stesso tempo affascinanti, non per fuggire alla realtà ma per affrontare, paradossalmente, questioni legate alle relazioni sociali e all’identità personale e comunitaria. Le tematiche affrontate nelle opere esposte derivano dalla sua esperienza personale. Riguardano, ad esempio, la percezione e la legittimità dei confini nazionali, le condizioni dei minori che vivono difficoltà economiche e vuoti affettivi, i sistemi di sorveglianza messi in atto dal potere politico, la possibilità di ricavare speranza dall’appartenenza a un gruppo religioso, la ricerca di dignità umana.
La potenza del suo lavoro risiede nell’attualità dei temi affrontati, nella bellezza dei paesaggi in cui sono ambientate molte sue opere e nella profonda empatia della sua visione.
Il percorso della mostra nelle didascalie ragionate
Defend Our Nation, 2015
Nel 2015 Li Yongzheng compie un viaggio per raggiungere un sito militare abbandonato nei pressi di un lago salato ormai prosciugato, nel Deserto del Taklamakan. Tra il 1964 e il 1996 questa zona fu utilizzata dal governo della Repubblica Popolare per condurre test sulle armi nucleari. Nel video vediamo l’artista sostituire i mattoni che compongono gli ideogrammi dello slogan nazionalista “Difendiamo la nostra Nazione”, collocati nella sabbia dai militari, con dei mattoni nuovi. Quelli originali sono qui esposti, allineati sulla parete in modo da annullare il messaggio originale.
Con questa operazione l’artista riflette sulla decontestualizzazione degli elementi della storia e sui cambiamenti politici che, inevitabilmente, avvengono con il passare degli anni, mentre l’ambientazione desertica rende ancora più inconsistente e retorico il motto di propaganda.
Border Post, 2019
Ambientato in una zona desertica della regione dello Xinjiang, il cortometraggio Border Post mostra l’artista mentre sposta un pilastro di confine del distretto cinese, ancora ricoperto di filo spinato aggrovigliato, nei pressi delle rovine di una torre di segnalazione della dinastia Han sulla Grande Muraglia cinese. Con questo gesto, l’artista manifesta l’esigenza di riflettere sul concetto di “confine”, sulla sua fluidità e, soprattutto, sulla sua legittimità. L’azione avviene in un contesto lontano da ogni forma di civiltà, distante dal controllo delle forze dell’ordine ma anche distante dagli occhi del pubblico che, senza la testimonianza del video, non sarebbe mai venuto a conoscenza di questa operazione.
Laser, 2019
Nel febbraio del 2019, Li Yongzheng posiziona centinaia di luci laser su una linea lunga cento metri nel deserto dello Xinjiang. Durante la notte, la foschia creata dalla polvere del deserto e dai fiocchi di neve rende visibili i fasci di luce rossa. Questi raggi luminosi “disegnano” nell’aria una rete simile a quella di un sistema di sicurezza a infrarossi. Quest’alta e fitta barriera, ben visibile ma intangibile, offre un’immagine simbolica del concetto di “confine”. I raggi laser rappresentano le forze che disegnano i confini politici dei territori e, di conseguenza, hanno anche il potere di imporre le frontiere alle persone, condizionandone gli spostamenti. Suoni monotoni e distorti, composti da Li Kun, accompagnano le immagini del video, creando un’atmosfera straniante.
Feast, 2020
Questo video è stato girato durante la pandemia di Covid-19. Mostra Li Yongzheng e il suo team mentre condividono un banchetto in un canyon nel deserto con un gruppo di uiguri provenienti dallo Xinjiang e prende le mosse dalle allarmanti notizie trasmesse dai media su questa regione a partire dal 2014.
L’opera mostra l’interesse dell’artista per la pratica creativa ispirata ai principi dell’estetica relazionale, con un focus sulla risoluzione dei traumi causati dalle restrizioni della pandemia e sulle difficoltà sociali di lunga data affrontate dalle minoranze locali.
Banquet 1, 2021 e Banquet 2, 2021
Le tele Banquet 1 e Banquet 2 traggono ispirazione dal video Feast e sono state dipinte l’anno successivo alla produzione del cortometraggio. Il primo dipinto ritrae l’uomo, interpretato dall’artista e vestito con un abito da cerimonia di foggia occidentale, che nel video scende da un tortuoso sentiero portando sulle spalle la pecora che verrà poi macellata secondo il metodo tradizionale uiguro e consumata durante un banchetto. Il secondo raffigura, invece, un uomo con il copricapo uiguro intento nella macellazione della pecora; si intravede il coltello nella mano destra e il corpo dell’animale da cui zampilla il sangue.
Yes, Today, 2017-2022
Nel 2017 le notizie di cronaca misero in luce le condizioni di alcuni ragazzi appartenenti a minoranze etniche della
regione del Liangshan, una delle aree montuose più povere della Cina. Questi giovani si erano trasferiti a Chengdu per partecipare a incontri di combattimento clandestini, utilizzando le loro abilità nelle arti marziali per sfidarsi a vicenda in cambio di denaro. Dopo che i governi locali e i servizi sociali furono allertati, i ragazzi vennero ricondotti a casa. L’artista decise di incontrarli nei loro villaggi di origine, chiedendo loro di affrontarsi in combattimenti-performance, approfittando dell’occasione per parlare dei loro sogni e speranze. I gesti scattanti dei giovani lottatori sono accompagnati dalle melodie cantate da un anziano di etnia yi, minoranza che abita le montagne del Sichuan, dello Yunnan, del Guizhou e del Guangxi. I temi di queste filastrocche riguardano il piacere della realtà, il dolore e la morte.
Death Has Been My Dream for a Long Time, 2015
Il video prende le mosse da un tragico fatto di cronaca avvenuto il 9 giugno del 2015 in un villaggio del Guizhou, in Cina. Quattro fratelli – i cui genitori erano emigrati in città per cercare lavoro, lasciandoli soli in mancanza di altri famigliari – si tolsero la vita ingerendo dei pesticidi. L’artista compone con dei blocchi di sale dell’Himalaya, lungo la spiaggia di Tanggu presso Tientsin, la scritta “La morte è stata il mio sogno per molto tempo”, citando la lettera di addio scritta dal più grande dei ragazzi, appena tredicenne. Con l’alzarsi della marea, gli ideogrammi vengono sommersi dall’acqua del mare e lentamente si sciolgono. Con quest’opera, carica di empatia e ritualità, l’artista dedica ai quattro fratelli una cerimonia pensata per sublimare la loro tragedia.
Death Comes to Us All, 2023
Il video è ambientato all’inizio del 2023, quando in Cina le restrizioni imposte per far fronte all’epidemia furono sospese. La voce narrante appartiene all’artista e racconta alcune situazioni che sta vivendo personalmente. Le immagini che corrono sullo schermo sono inquadrature riprese dall’alto. Perfettamente zenitali, vertiginose e attentamente studiate, disegnano sullo schermo raffinate geometrie e composizioni simmetriche. La domanda che si pone l’artista è la seguente: in un paese in cui non c’è un credo religioso diffuso, come può la ricerca di dignità umana, nelle problematiche quotidiane, portare all’emergere di un sentimento di fede? Li Yongzheng risponde in maniera pragmatica: se non credi non cambia nulla, se credi ci può ancora essere una speranza.
Hope, 2020
La tela è stata dipinta dall’artista durante la pandemia di Covid-19. Raffigura due persone a bordo di una piccola imbarcazione che sta affondando. L’acqua ha ormai riempito quasi completamente lo scafo, arrivando alla vita dei due sventurati. Il colore del mare, blu intenso, e i volti delle figure, illuminati da una pallida luce lunare, suggeriscono che il dramma si stia consumando in un’atmosfera crepuscolare. Manca, però, il minimo cenno di terrore nei gesti e nelle espressioni dei due naufraghi, i quali indicano impassibili un punto lontano all’orizzonte. Forse, suggerisce il quadro, l’unico modo per raggiungere la speranza è quello di alimentarla con costanza.
Jump, 2021
Per questo dipinto l’artista si è ispirato al Black Lives Matter, movimento internazionale impegnato nella lotta contro il razzismo nei confronti della comunità afroamericana, fondato negli Stati Uniti nel 2013 e tornato all’attenzione dei media nel 2020, in occasione delle proteste per l’omicidio di George Floyd da parte della polizia. Il dipinto non intende prendere una posizione in merito alle istanze sostenute dal movimento, ma piuttosto trasmettere il senso di un dilemma, inteso sia nel contesto della lotta sociale, sia nella dimensione dei conflitti personali.
74 Kilometers, 2025
Il video testimonia un’esperienza che Li Yongzheng ha vissuto durante un viaggio on the road in una zona occidentale della Cina. In un tratto di strada lungo 74 chilometri, l’artista ha notato la presenza di telecamere di sorveglianza collocate sorprendentemente a distanza molto ravvicinata tra loro. La situazione è resa ancora più surreale dal fatto che il percorso attraversa un territorio quasi completamente deserto, senza traffico o passaggio di pedoni. La ritmica successione di telecamere costituisce a tutti gli effetti una “macchina per osservare” che risponde a una funzione di controllo non meglio precisata e serve soprattutto a dare l’impressione di essere sorvegliati, ricordando l’esercizio del potere.
Icefield, 2023
Il cortometraggio mostra una poltrona vuota posta di fronte a un imponente ghiacciaio, il più alto della Cina, nella catena montuosa dello Qilian Shan. Davanti alla poltrona è collocato uno schermo in cui, con una dinamica di mise-en-abyme, è riproposta esattamente la stessa visione. Nell’interpretazione proposta dall’artista, la poltrona simboleggia un’assenza riferita alle strutture del potere. Le immagini austere, anche nei colori, trasmettono un profondo senso di impotenza. A un certo punto, improvvisamente, lo schermo mostra l’immagine di un soldato, nel contesto dell’invasione russa in Ucraina ancora in atto, che, sdraiato al suolo, si toglie la vita con un colpo di fucile. Benché il video sia già stato mostrato dai mass-media, è di una innegabile atrocità. L’ambientazione amplifica il senso di solitudine, accentuato anche dal fatto che lo sparo è l’unico suono che si percepisce in tutto la durata del cortometraggio.
Who Became Aware of it All, Deep in this Desert, 2023
Due viaggiatori mal equipaggiati attraversano a piedi le imponenti dune di sabbia del deserto di Kumtagh, sul confine tra la regione dello Xinjiang e la provincia di Gansu, e le lande desolate della bandiera destra di Alxa, nella Mongolia Interna, per poi affrontarsi in una zuffa, raccontata per fotogrammi, priva di un’evidente motivazione. Il “diventare consapevoli di tutto”, richiamato nel titolo del video, è legato al contesto del deserto, per antonomasia il luogo dedicato alla solitudine, allo smarrimento, alla sfida spirituale, ma anche luogo ideale di meditazione, di rivelazione interiore, di ricerca dell’essenziale e di fecondità dell’anima.
Historical Literature, 2021
Il dipinto Historical Literature ritrae, nel contesto della Seconda guerra mondiale, due soldati nazisti visti di schiena. Quello sulla destra lamenta di avere qualcosa nell’ occhio, mentre l’altro, di cui si nota la mano avvolta in un guanto chiaro, tenta di aiutarlo. Il gesto vuole richiamare una citazione spesso attribuita al filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel che riguarda l’incapacità dell’umanità di imparare dai propri errori: “La lezione che la storia ci insegna è che le persone non imparano mai dalla storia”.
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