Conferenza – DA PLATONE E ERMETE TRISMEGISTO… in occasione del finissage della mostra “Raoul Dal Molin Ferenzona” a Collesalvetti
INVITO
DA PLATONE E ERMETE TRISMEGISTO A JOSÉPHIN PÉLADAN E ELÉMIRE ZOLLA: DECLINAZIONI DEL MITO DELL’ANDROGINO NELL’OPERA FERENZONIANA
Finissage della mostra “Raoul Dal Molin Ferenzona. Enchiridion notturno. Un sognatore decadente verso l’occultismo e la teosofia”, promosso e organizzato dal Comune di Collesalvetti
Sabato 15 marzo 2025, ore 17.00
In occasione del CALENDARIO CULTURALE 2025
ATANÒR: La Metamorfosi delle Forze
promosso e organizzato da
Comune di Collesalvetti
ideato e curato da
Francesca Cagianelli in collaborazione con Emanuele Bardazzi
Una copia omaggio del catalogo sarà distribuita ai visitatori intervenuti alla conferenza
Saluti dell’Amministrazione Comunale di Collesalvetti
Coordina: Francesca Cagianelli
Intervengono:
Emanuele Bardazzi, storico dell’arte
Patrizia Moschin Calvi, Segretario della Società Teosofica Italiana APS
Alfonso Iacono, docente di Teoria e Storia dei Sistemi Filosofici all’Università di Pisa
Andrea Muzzi, storico dell’arte, già Soprintendente Archeologia belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno.
L’Amministrazione Comunale di Collesalvetti è lieta di annunciare, sabato 15 marzo, ore 17.00, il Finissage della mostra “Raoul Dal Molin Ferenzona. Enchiridion notturno. Un sognatore decadente verso l’occultismo e la teosofia”, dal titolo DA PLATONE E ERMETE TRISMEGISTO A JOSÉPHIN PÉLADAN E ELÉMIRE ZOLLA: DECLINAZIONI DEL MITO DELL’ANDROGINO NELL’OPERA FERENZONIANA, promosso e organizzato dal Comune di Collesalvetti, in collaborazione con SOCIETÀ TEOSOFICA ITALIANA /MEDIA PARTNER, ideato e curato da Francesca Cagianelli in collaborazione con Emanuele Bardazzi.
Ormai di prassi, per quel che riguarda la programmazione culturale della Pinacoteca Comunale Carlo Servolini, il Finissage convergerà verso nodi culturali di valenza trasversale, e coinciderà in quest’occasione con il mito dell’androgino tra arte, letteratura, teosofia e psiche.
Nell’orazione dei Gemelli Ferenzona celebra l’idea di perfezione attraverso l’evocazione dell’Androgine: «Per la virtù di Vijnâna su la fronte degli Ermafroditi e degli Androgini è incastonata, o Maestro, l’Agata – e negli occhi della fenice brilla il topazio».
Se l’Androgino incarna l’unione di principio maschile e femminile, risolvendo e superando le opposizioni (Scarabelli 1998), i curatori del Calendario punteranno l’obiettivo sulla meravigliosa galleria ritrattistica di Raoul Dal Molin Ferenzona, e in particolare su alcune delle infinite variazioni iconografiche pervase dal mistero dell’identità sessuale, in primis Le sorelle (circa 1925), prescelta come immagine identitaria del Calendario.
Temi e indirizzi del Calendario Culturale colligiano sono d’altra parte imprenscindibili rispetto alle teorie elaborate da Carl Gustav Jung nell’ambito della cosiddetta “psicologia analitica”, ma non mancheranno focus e divagazioni relative al radicamento del mito dell’androgino nel substrato culturale e religioso dall’Estremo Oriente all’Occidente.
Se infatti il vagheggiamento dell’androginia deve ascriversi ai cosiddetti miti della polarità, è proprio nella religione induista tanto amata da Ferenzona che si rinvengono le coordinate di una vera e propria idolatria, come testimonia la Bhagavad Gītā, sorta di Vangelo della civiltà indiana, dove si enuncia il processo introspettivo tendente alla totalità psichica, cioè alla fusione di Eros e Thanatos, per cui le opposizioni sono destinate a dissolversi per approdare alla coniunctio oppositorum; d’altra parte nel Simposio, forse il più celebre dei Dialoghi di Platone, Aristofane pronuncia un discorso in cui la celebrazione dell’amore coincide con il racconto del mito dell’androgino, successivamente elaborato secondo diverse interpretazioni, finchè, alla fine del Quattrocento, Marsilio Ficino riproporrà la filosofia del neoplatonismo in una prospettiva cristiana, fino a trasformare il mito aristofaneo in una celebrazione dell’eros intellettuale e contemplativo.
Grazie anche alle teorie di Joséphin Péladan la figura dell’androgino giunge a identificarsi con l’immagine dell’efebo, femminilizzato e ancora vergine, fino a divenire una delle ossessioni più pervasive della decadenza attestata in diversi esponenti dell’estetismo letterario, a partire da Honoré de Balzac che nella novella Sarrasine racconta le vicende del giovane protagonis,ta innamoratosi di una cantante d’opera, in effetti uomo dalle fattezze femminili, per proseguire con la biografia di Orlando, romanzo omonimo del 1928 di Virginia Woolf, il cui protagonista, un giovane nobile inglese, contrassegnato dall’androginia, dopo quattro secoli, si risveglia donna, trovando infine la realizzazione in veste di scrittrice; ma ancora nel celebre romanzo Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, la giovinezza e la bellezza del protagonista, cristallizzata nel tempo grazie a un patto demoniaco, travolge entrambi i sessi.
La fortuna dell’androgino dilaga inoltre tra i principali protagonisti del Simbolismo, tra cui Gustave Moreau, Edward Burne-Jones, Armand Point, Fernand Khnopff e Jean Delville, che contribuirono a declinarlo in direzione enigmatica e sensuale.
Particolarmente influenzato dall’occultismo di Péladan e dai pronunciamenti teosofici di Edouard Schuré, Jean Delville dipinse L’École de Platon, raffigurante il filosofo attorniato dai suoi allievi, i cui corpi nudi esibivano le caratteristiche efebiche dell’androgino sintomo di evoluzione spirituale.
Da parte sua Ferenzona applica la reversibilità dei sessi nel ritratto di Hafiz (il poeta persiano Hāfez di Shiraz), per il quale utilizzò una lastra ritraente una figura femminile incisa in precedenza per poi trasformarla al maschile con l’aggiunta di vari dettali come i baffetti e il copricapo a turbante: celebrato soprattutto in ambito tedesco a partire da Goethe, Hāfez, autore di versi sospesi tra la sfera terrena e il registro mistico, pervasi dal misticismo sufi, ispirato alla dottrina esoterico-gnostica, rivelando affinità con la poetica medievale stilnovista, firmò un Canzoniere indirizzato a un misterioso e inafferrabile amico, un efebo di estrema bellezza che incarna lo shāhed, il testimone angelico dell’invisibile e del soprannaturale divino.