FABIO INGROSSO – L’UOMO ASSURDO _l’intensità della vita_ – Una Torre per l’Arte – CASTELLARO lAGUSELLO

FABIO INGROSSO
L’UOMO ASSURDO _l’intensità della vita_

Residenza d’artista legata alla stagione espositiva 2022 di Una Torre per l’Arte.

a cura di Antonella Bosio, testi di Mauro Valsecchi

Il 16 luglio alle ore 19, presso la torre campanaria di Castellaro Lagusello, inaugura l’allestimento site specific realizzato da Fabio Ingrosso durante il periodo di residenza programmato dall’assessorato alla Cultura del Comune di Monzambano in collaborazione con Fondazione Città di Monzambano. La residenza è collegata alla rassegna d’arte contemporanea “Una Torre per l’Arte” che si svolge all’interno della torre campanaria di Castellaro Lagusello.
Attraverso il bando si è voluto offrire l’opportunità a un artista emergente di sviluppare, durante un periodo di 15 giorni, un progetto site specific idoneo agli ambienti siti nella torre campanaria che dal 2017 ospitano allestimenti di arte contemporanea.
Tra gli obiettivi che l’Assessorato alla Cultura intende perseguire e quello di favorire la connessione tra comunità residente e produzione/restituzione artistica e culturale; per questo motivo sia il luogo di residenza che gli spazi di laboratorio sono stati cercati all’interno dello stesso borgo di Castellaro Lagusello e, per quello che riguarda l’atelier/laboratorio, resi aperti alle visite.
Altro obiettivo importante, sostenere e valorizzare l’attività creativa di artisti emergenti; per questo motivo il bando è stato destinato agli studenti delle accademie e neo laureati delle stesse, con lo scopo di proporre un’esperienza immersiva e completa in uno spazio tanto suggestivo quanto difficile.
Tutto questo con l’intento finale di promuovere la fruizione degli spazi creativi ed espositivi soprattutto da parte di un pubblico giovane e affidandoci dai linguaggi contemporanei dell’arte.

“L’uomo assurdo” _l’intensità della vita_
Prodotto durante il periodo di residenza artistica. “L’uomo assurdo” è l’avventura di umani generici, microstorie che si svolgono in una dimensione che nessuno usualmente osserva perché non è sensazionale ma ordinaria e personale, uno sguardo verso l’interno in quel luogo così proprio che pare essere esemplare, collettivo; è questa interiorità la patria ultima dell’uomo, è l’assurdo della vita che ci viene incontro.
Fabio Ingrosso ha pensato e allestito la Torre come un’unica installazione artistica e ha fornito una particolare stele di rosetta per decifrare il percorso che attende il fruitore: il mito di Sisifo. Non c’è da temere mancanze pregresse di conoscenze storico-culturali; la storia e questo personaggio della mitologia greca è più che un’usuale chiave di lettura, è uno strumento cultuale e di costume per porre l’attenzione su una condizione esistenziale. Sisifo è colui che, per una diatriba divina, avrebbe dovuto spingere un masso dalla base alla cima di un monte ma ogni volta che avesse raggiunto la cima, il masso poi sarebbe rotolato nuovamente alla base del monte per l’eternità. In questa mostra Sisifo è innanzitutto l’artista stesso, ma anche ogni essere umano che riconosce come assurda l’esistenza: un fardello che pesa su libertà e felicità. Però la lettura mitologica non ha un’accezione assoluta, anzi è emotiva e quotidiana: il fardello è anche un sassolino nella scarpa, la libertà è soprattutto un desiderio inespresso e la felicità è come un lampo, un brivido, alitato dal vento.
I piani sono strati di fascinazione e assurdità: quando tutto il desiderabile crolla sotto gli occhi, allora appare qualcos’altro che non rientra nel riquadro dei doveri, desideri o sogni; l’assurdo e la fascinazione creano le risorse per schiodarsi del proprio status quo, e dipende dalla capacità o dalla possibilità di mettersi nella situazione di chi è senza speranza a livello esistenziale. I viventi vedono il mondo circostante attraverso abitudini, stati d’animo, e proiezioni immaginative. Visto così, ciò che è comune, banale, ordinario, è l’opposto di tutta quella paccottiglia che è smerciata come “interessante”, “sensazionale”, “spettacolare”.
L’assurdità umana riguarda il nostro essere al mondo come fenomeno primario, il fenomeno del nostro essere qui, assieme agli altri, in attesa di andar via; il destino è un fardello contenuto nelle line di una mano, posato negli spigoli più aguzzi, inciso su un intonaco friabile, è qualcosa che permane e di cui si fa parte, adesso non resta che abitare questo fardello ed esserne contenti.

Inaugurazione 16 luglio ore 19 alla presenza dell’artista

Visitabile dal 16 luglio al 21 agosto, ogni sabato dalle 15 alle 19 e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 19

Biografia

Fabio Ingrosso, artista e musicista, opera anche sotto lo pseudonimo D.O.O.T. (Death Of the Olive Trees), portando avanti il proprio progetto artistico tra poesia, narrativa, musica e arti visive.
Dal 2021 studia Scultura presso l’Accademia di Belle Arti Santa Giulia, a Brescia, contemporaneamente all’attività di direttore creativo in una società specializzata in advertising monumentale.
È nato a Lecce nel 1994, ha vissuto a Milano, Copenhagen, Malta, Madrid, Parigi, Londra, Melgven in Francia e Ginevra. I viaggi e la malattia, con cui ha convissuto per tutta l’adolescenza, sono state esperienze determinanti per lo sviluppo della propria attitudine artistica.
La sua ricerca ruota attorno a un modo di comprendere il mondo nell’accezione di una condizione personale ed emotiva con esso; cercando di esplorare con l’arte quelle emozioni che percepisce in purezza e l’immaginario che queste creano dentro di lui. L’uso dei materiali è peculiare, perché sono accuratamente scelti e ricorrenti: legni, pietre, corda, piante; oltre a un’affezione per la tecnica di stampa fotografica della cianotipia che lo porta
tutte le volte che la utilizza a sperimentare, fare molteplici tentativi, confrontarsi con la casualità del risultato imprevedibile, insomma, uno specchio pratico che ha una riflessione filosofica della sua visione sull’esistenza personale e dell’umano.

 Ha partecipato alla mostra collettiva “Avvicinando la natività”, 2021, presso il Museo
Diocesano di Brescia, a cura di P. Sacchini, con l’opera “Una speranza”.