Federica Zianni – P A R A D O X A – Manuel Zoia Gallery – Milano

P A R A D O X A

personale di Federica Zianni a cura di Alessandra Sebastiano. 

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Inaugurazione giovedì 3 febbraio ore 18:00 – 21:00


FEDERICA ZIANNI | P A R A D O X A
L’OSSESSIONE DEL SÉ Testo di Alessandra Sebastiano


La ricerca della vera essenza della natura umana sembra essere condizione necessaria dell’esistenza, e per quanto questa verità non sia del tutto conoscibile, l’essere umano non può fare a meno di confrontarsi con essa. Costruire racconti è un modo per perpetrare, tramite archetipi e simboli, questa incessante indagine verso la conoscenza di se stessi, in un paradossale antropocentrismo che si cela onnisciente in ogni narrazione. Nel pensiero classico la natura è fusis, concetto che ingloba tutto quanto l’essere, cioè tutto ciò che è. La fusis è movimento, dinamismo e divenire; è l’origine e in essa vita e morte si compenetrano. Ma, con l’accumularsi dell’apparato mitologico e religioso, l’intelletto si struttura secondo binomi oppositivi, cosicché pensare la natura significa distinguerla da ciò che essa non è, implicando il distacco dualistico tra natura e cultura. Se l’arte si presenta come un terreno privilegiato per proporre nuovi modi di comprendere se stessi e il rapporto con il mondo, le opere di Federica Zianni si fanno portavoce del paradosso che si cela nell’impossibilità di conquistare una conoscenza unitaria, mettendo in discussione ogni definizione univoca possibile di chi, o cosa, siamo.
Un’ossessione del sé, sempre in bilico tra artificio e divenire, è l’interrogativo che muove la ricerca dell’artista. Who are you (2019) è uno specchio che ha perso la sua funzione originaria: rappresentare l’io all’io. Guardarsi attraverso lo specchio significa conoscersi? Per il filosofo francese Jacques Lacan, l’identità si costruisce a partire dalla percezione della propria immagine. Sulla base di ciò, l’immagine che abbiamo di noi è l’orizzonte ontologico dello status umano, un immaginario, dato dalla rappresentazione del sé, che ci permette di colmare quel vuoto radicale del nostro essere. Così, lo specchio lacaniano, da semplice superficie riflettente, si trasforma in strumento necessario per esperire il mondo. Ma, specchiandomi in Where you came from (small map) (2020) vedo solo in apparenza un ritratto organico. Il mio volto è attraversato da linee inquiete, che percorrono l’intera superficie. Seguendole con gli occhi, è possibile rintracciare una cartografia inesistente sul piano del reale. Questa mappatura allegorica è una stratificazione nata dalla commistione di diversi pezzi di mondo. Una pluralità che rende impossibile ricostruire una singolare visione o narrazione universalmente valida di ciò che pretendiamo di rappresentare. L’essere umano che si guarda crede di conoscere e sapere quale sia la propria natura, ma ne conosce solo l’apparenza. L’impossibilità è incarnata da I’m Looking for the men (2019): Diogene di Sinope, il primo cinico, si trasforma in una forma di bronzo congelata e mistificata, quasi a divenire solo gesto, il lanternino alzato alla ricerca dell’essere umano.
La difficoltà del conoscersi è paradossale in quanto l’essere umano tenta di comprendere la sua stessa natura in un divenire contrapposto alla natura stessa. Così, percorrendo il sentiero verso la naturalità, ci siamo de-naturalizzati e Il tentativo di afferrare la natura primaria racchiude una condizione di allontanamento dalla stessa, ormai celata tra gli artifici umani. Knock the door down (2020), In case of emergency (2020), The Restlessness of Damocles (2018) sono utensili paradossali, tesi al confine tra creazione e distruzione.

La stessa tensione instabile è reiterata dalle forme che abitano ora lo spazio; sono presenze ambigue e inquiete: nascita, morte, materia inerente o pronte a prendere vita. Le forme rigonfie della serie Black Reticulum sono gestanti e perturbanti. Rifiutando di essere elementi pittorici, stanno in attesa, nascondono o sono pronte a esplodere? Nella prassi artistica il paradosso identitario è accompagnato dal paradosso della forma: elementi naturali, come Elastic Cocoon (2020) – l’alveare che ci sovrasta -, l’essere tentacolare che sembra fluttuare in Jelly Cocoon (2021), lo slancio vitale in (E)merging (2020), o ancora Silent Cocoons (2021) – fossili di boccioli pronti a schiudersi, o a rinchiudere – restano ingabbiati nell’inerzia dei materiali inorganici, riecheggiando la fallacia della rappresentazione. Lacci emostatici, bava poliuretanica sono residui di un mondo post apocalittico, aprono a scenari di morte, oppure sono strumenti e archetipi di cura?
Nella sua ossessiva e incessante ricerca, l’io sprofonda nel rovesciamento inevitabile di tutte le strutture identitarie. Ma, intrecciando la rappresentazione del sé con il registro del simbolico, naturale e culturale possono riconciliarsi in Curiosity does not kill (2020): un Icaro, nascosto dalla sua non-più-forma, che continua a volare, in un ribaltamento dell’archetipo che ci permette di abbracciare prospettive altre.

Manuel Zoia Gallery

Via Maroncelli 7, 20157 Milano, Italy

MANUEL ZOIA GALLERY
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