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Disco Not Disco
“Ho scelto di parlare di questi luoghi proprio in questo periodo storico perché essi vivono di assembramenti”, così Lorenzo Leone introduce i soggetti delle sue foto: le discoteche, con cui ha vinto il primo premio del Raw Photo Contest.
Luoghi o non luoghi? È la domanda che subito scaturisce dalla visione.
Si tratta di locali notturni, club, discoteche: “i luoghi del divertimento” come li avrebbero chiamati i media negli anni ’90 ma spogliati di tutto ciò che li rende famosi e desiderabili per il loro pubblico.
Senza caos, alcool e fumo, li vediamo – grazie all’obiettivo di Lorenzo – nella loro struttura essenziale, fatta di acciaio, casse silenziose e poltroncine in velluto vuote.
Interessante è la luce che l’autore ha scelto per questa serie: utilizzare solo le luci di servizio dei locali stessi. Li osserviamo, quindi, per la prima volta illuminati e ci rendiamo conto di come realmente siano.
Mixer, consolle, casse, amplificatori e palchi stanno lì immobili, hanno un aspetto glaciale, sembrano quasi non avere senso nella dinamica del quotidiano. E poi: divani accatastatati, pile di sedie, poltrone un po’ sbruciacchiate e vecchi banconi del bar. Ti sembra di poter percepire il rumore del ghiaccio nello shaker, la musica così alta da far tremare i pavimenti e le urla della gente e dei vocalist.
Ci sono anche dei locali freschi di apertura, investiti dalla pandemia a poche settimane dall’inaugurazione. Con i loro arredamenti dorati e curatissimi sono rimasti congelati per tutto questo tempo, restituendoci una visione ancora più spettrale del tempo passato.
Il progetto di Lorenzo è realmente speculare al lavoro di Gabriele Basilico e Massimo Vitali: “Disco to Disco” (Milano, Charta, 2007), di cui questo lavoro è infatti omaggio e da cui trae ispirazione. In epoche differenti, i due maestri hanno infatti rappresentato il popolo dei dancing e dei night club come luoghi dove esplodevano la libertà di movimento e la spensieratezza.
Le foto di Leone si collocano su questa linea ma ci raccontano, invece, l’assenza di quel popolo. Vedendole, non possiamo fare a meno di pensare agli effetti devastanti che due anni di lockdown hanno portato a questo settore e a come saremo noi quando (quando?) potremo ritornare a frequentarli. – Testo critico di Anna Mola
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