MICHELANGELO PENSO. Dimensioni infinite

MICHELANGELO PENSO. Dimensioni infinite

CAMeC La Spezia, fino al 22 marzo 2020

Cronòtopo

Il termine “cronòtopo” indica in fisica lo spazio inteso in quattro dimensioni, ovvero le tre coordinate spaziali in correlazione al tempo. Questo concetto prende forma all’inizio del secolo scorso nell’ambito della teoria della relatività che ha previsto, tra gli altri numerosi effetti, l’esistenza di onde gravitazionali, rilevabili tramite vibrazioni del plasma interstellare. Nel 2012 la sonda Voyager I ha permesso alla NASA (l’ente aerospaziale americano) di captare tali vibrazioni e di renderle percepibili all’orecchio umano; ha così registrato per la prima volta la “voce” dei pianeti.

L’installazione Cronòtopo (2018-2019) si basa su questi presupposti scientifici: rappresenta infatti gli otto pianeti del sistema solare (Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno), attraverso altrettanti assemblaggi di campane di vetro (usate solitamente per isolare i cavi dell’alta tensione) che rendono udibili le frequenze delle loro onde elettromagnetiche. È lo spettatore che, camminando attraverso le diverse parti dell’opera, attiva – con la sua massa e la sua temperatura – la campana principale di ogni gruppo ed essa emette e mostra, attraverso un monitor, suoni e vibrazioni ogni volta differenti.

La struttura complessiva di Cronòtopo – ripensata per la mostra del CAMeC in modo da svilupparsi in tre sale contigue – si ispira a quella di VIRGO, l’Osservatorio Gravitazionale Europeo che ha sede in Italia, composto da due lunghe “braccia” connesse a un corpo centrale, che gli consentono di captare, registrare e analizzare i segnali creati dalle onde gravitazionali provenienti dall’universo.

Gli otto pannelli in gomma antiolio nera e le altrettante sculture in ottone cromato appesi alle pareti delle tre sale in cui si sviluppa Cronòtopo rappresentano una traduzione grafica e tridimensionale delle frequenze dei pianeti.

Alla parete della prima sala si trovano anche due opere, 528hz e 852hz, realizzate in PVC cromato nel 2016: precedenti traduzioni scultoree delle frequenze del sistema solare.

Michelangelo Penso si ispira alla ricerca scientifica per sviluppare strutture in tre dimensioni attraverso le quali l’invisibile (talvolta infinitamente piccolo, talvolta, come nel caso di Cronòtopo, infinitamente grande) diventa visibile.

Roseobacter

Michelangelo Penso, Roseobacter, 2019, cinghie in poliestere e carbonio, dimensioni variabili, CAMeC, La Spezia, ph. Enrico Amici

Roseobacter, come la successiva Pelagibacter, è un’installazione creata appositamente per gli spazi del CAMeC e ispirata allo studio scientifico dei batteri marini.

I primi ceppi di Roseobacter, di colore rosa, sono stati scoperti nel 1991 in diversi luoghi, in particolare nelle zone costiere del mar Mediterraneo e del New England. Questi batteri sono in grado di limitare l’inquinamento delle acque marine, grazie alla loro attività degradativa nei

confronti di diverse tipologie di idrocarburi propri del petrolio e responsabili di notevoli danni a livello ambientale.

Realizzata con cinghie in poliestere violacee e carbonio, solitamente usate per la movimentazione portuale delle merci, Roseobacter si lega anche al contesto ambientale e culturale spezzino, proponendosi quale installazione non solo site, ma anche context specific.

 

Pelagibacter Michelangelo Penso, Pelagibacter, 2019, gomma ontiolio e alluminio, dimensioni variabili, CAMeC, La Spezia, ph. Enrico Amici

 

Il Pelagibacter, isolato per la prima volta nel 2002, è il batterio più diffuso nelle acque dolci e salate del nostro pianeta, dove vive anche in condizioni estreme. Genera circa il 25% del plancton, organismo fondamentale per la salute e biodiversità delle acque, ed è in grado di riciclare il carbonio organico, la cui alta concentrazione può compromettere la qualità dell’acqua; produce inoltre una sostanza chiamata liquido DMS che costituisce il centro di condensazione dell’acqua che si solleva dalle superfici dell’oceano, facilitando così la formazione delle nuvole.

L’omonima installazione di Penso, realizzata in scala 20.000.000:1 e ideata per la mostra e gli spazi del CAMeC, conferisce forma scultorea a uno dei più importanti, popolosi e silenziosi regolatori del ciclo climatico del pianeta, riproponendo l’attualissimo problema del suo fragile equilibrio.

Realizzata in gomma antiolio industriale usata per il lavoro portuale, anche Pelagibacter, come Roseobacter, si lega al contesto spezzino.

Con queste nuove installazioni Penso porta l’attenzione su scoperte scientifiche che hanno e avranno un notevole impatto sulla nostra esistenza e su quella del pianeta.

Carnets
I Carnets rimandano alla storia familiare di Penso, i cui bisnonni lavoravano nel settore tipografico come rilegatori, antiquari e restauratori di volumi. Su vecchie pagine tratte da testi di biologia o da guide di viaggio dove compaiono immagini di monumenti, piazze o paesaggi – e incollate sui celebri taccuini Moleskine, l’artista raffigura strutture ispirate all’universo scientifico. Ne scaturisce un panorama sovrannaturale, dove ben noti scorci di città (Parigi, Versailles, Friburgo, Colonia; Troyes, Utrecht, Kiel, Zurigo) sono invasi e popolati da microrganismi ingigantiti e raffigurati a tutta pagina. Tali taccuini possono essere visti come un viaggio tra le possibili forme architettoniche della materia, tra le sue strutture molecolari. Il loro significato va anche ricercato nelle coordinate indicate nel titolo, attraverso le quali siamo direttamente e univocamente trasportati sul luogo descritto e illustrato nelle pagine del taccuino. Come un organismo vivente e autonomo, il monumento che l’artista vorrebbe installare in quel luogo, rappresentato dalla forma disegnata sulle pagine e da queste in buona parte ispirato, conquista lentamente lo spazio attorno a sé e lo trasforma, potenzialmente, in un utopico mondo migliore.

Michelangelo_Penso

Michelangelo Penso, ph. Enrico Amici

MICHELANGELO PENSO. Dimensioni infinite

CAMeC La Spezia, fino al 22 marzo 2020

Michelangelo Penso nasce nel 1964 a Venezia, dove studia all’Accademia di Belle Arti sotto la guida del celebre artista informale Emilio Vedova (1919-2006). Dal 1981 inizia a esporre presso istituzioni pubbliche e gallerie private.

I primi lavori sono opere pittoriche che rievocano l’arte di un lontano passato, reinterpretata attraverso l’utilizzo di elementi estranei ed anacronistici: un recupero dell’immagine, in una dimensione temporale e mnemonica, che, ancora collocabile nel clima della Transavanguardia, richiama l’attenzione del suo teorico Achille Bonito Oliva, il quale lo invita a partecipare nel 1993 alla 45° edizione della Biennale di Venezia. L’interesse per civiltà arcaiche e mondi sconosciuti lo porta ad accostare alle indagini sull’antico studi matematici e biologici, coniugando nelle sue successive opere arte e scienza. E’ attratto in particolar modo dal mondo dei microrganismi, dalla genetica e dai misteri del cosmo, che rappresenta in grandi installazioni con le quali non intende solo visualizzare i dati delle scoperte scientifiche, ma trarre da esse nuove possibilità creative, esplorate attraverso l’uso di nuovi materiali, spesso industriali, che egli piega alla sua immaginazione, spesso confrontandosi con scienziati e ricercatori professionisti.

Le sue ricerche trovano espressione anche attraverso il disegno che spesso si sovrappone su pagine di antichi libri di biologia o di vecchie guide turistiche a formare dei Carnets che diventano taccuini di un futuribile universo popolato da gigantesche strutture molecolari.

Nel 2008 tiene la prima personale alla Galleria Alberta Pane di Parigi, con la quale stringe una stretta collaborazione.

Le sue installazioni sono state esposte in importanti spazi pubblici nazionali e internazionali. Tra gli altri si ricordano l’Université Pierre et Marie Curie di Parigi (2004), il Museo Fortuny di Venezia (2011), l’Università di Genova (2012), il Palais de Tokyo di Parigi, il Museo Civico di Bassano del Grappa (2017), il Centre d’art contemporain di Meymac (2018), la Reggia di Caserta (2018), il MACRO di Roma (2019).


Questa mostra spezzina propone opere recenti che si pongono in continuità con la sua ricerca analizzando
Dimensioni infinite: l’infinitamente piccolo (il mondo dei batteri) e l’infinitamente grande (il cosmo).