Palazzo Bocconi, a Milano, ospita, nella sede di Azimut, la mostra di Emanuele Magri, Ego Alter

Palazzo Bocconi Milano

corso Venezia 48

Ego Alter

di

Emanuele Magri

opening 10 aprile 18.30

Palazzo Bocconi, in corso Venezia 48 a Milano, ospita, nella sede di Azimut, la mostra di Emanuele Magri, Ego Alter, dal 10 al 30 aprile 2025.

Corridoi e uffici di un palazzo storico di Milano si aprono a una mostra in cui colori e forme dialogano in un tessuto narrativo sempre diverso, che anima luoghi deputati al mondo del capitale e della finanza internazionale.

Il primo impatto della mostra Ego Alter, di Emanuele Magri, con la collaborazione di Rita Pugliese, sta proprio nel contrasto tra spazio espositivo, gli uffici di una holding finanziaria, e un universo artistico dominato dal colore e dal gioco irriverente.

Il lavoro artistico di Emanuele Magri si è articolato negli anni in fasi diverse. Le unisce un filo conduttore, l’attenzione al corpo umano e alla parola, una parola che rovescia situazioni e immagini costruendo mondi alternativi. Nel complesso di questo lavoro artistico sia la pluralità delle tecniche adottate, pittura, fotografia, video, scultura, sia le variazioni tematiche potrebbero far pensare ad artisti diversi, autonomi tra loro.

La mostra vuole giocare proprio su questa varietà, proponendo una selezione della produzione artistica di Magri come una raccolta di opere di artisti autonomi tra di loro. Si presenta pertanto come una collettiva di sei artisti, figure immaginarie che assumono una loro concretezza e identità attraverso brevi biografie. Ma anche i dati biografici ingannano, dicono e non dicono, svelano e nascondono e i sei artisti sembrano a volte somigliarsi e rincorrersi a volte allontanarsi e celarsi.

Il filo conduttore che lega i sei artisti è la dimensione del gioco, alla base di tutta la produzione artistica di Magri. L’autore non solo prende in giro se stesso e il proprio lavoro ma anche tutto il lavoro esegetico che sta attorno all’opera d’arte in sé. Celandosi dietro la figura del critico E.A. della rivista MegaNumeri, Magri reinventa le proprie opere, scoprendone altri significati, offrendone altre letture in un continuo gioco di specchi, di rimandi, di sberleffi.

Il percorso espositivo inizia nel corridoio del piano terra.

Il critico fittizio, E.A., introduce i sei artisti, nei quali individua un comune senso della ricerca e della sperimentazione continua, la dialettica con il mondo contemporaneo e i suoi problemi. Soprattutto ne sottolinea la dimensione del gioco, del capovolgimento prospettico, che li sottrae a ogni definizione. Si divertono i sei artisti, giocano e nel gioco divergono dalla realtà.

Nel corridoio d’ingresso è Marin Gea ad accogliere il visitatore con i suoi Biomorfismi terrestri, mappe geografiche che si sono colorate nel tempo a costruire universi vegetali ed animali in continuo e reciproco dialogo.

Proseguendo nel percorso le Sospensioni di German Lume ripropongono uno sguardo inquieto e inquietante sulla nostra fragilità di corpi umani, esposti ai minimi movimenti naturali. La concretezza di queste forme colorate si dilegua nella loro materia evanescente.

La mostra prosegue al terzo piano nei salottini e nei corridoi che portano agli uffici.

Il mondo della parola di Regina Lemma dà vita agli Oracoli corporali, figure che si rianimano nella reinvenzione linguistica, nei rebus che le trasformano o ne svelano aspetti inusuali.

Nel salottino adiacente i Performance clothes di Manu Alegra accostano gli abiti di scena a quelli borghesi, in uno scambio continuo tra arte e vita; dall’unione tra il kimono giapponese e la tuta futurista di Tayaht del 1920 nasce Kimotayat, una delle opere più impattive di Magri.

Entrare nel salottino dove espone Elia Rana, significa entrare nei misteri del Distopicus garden, uno scenario fantastico in cui fiabesco e mostruoso si incontrano grazie alle contaminazioni genetiche di qualche scienziato pazzo o forse geniale, che prefigura distopie non così lontane. Un video dà vita e voce a questo mondo di mostriciattoli e piante semoventi, mostrando il giardino distopico sempre più vicino a noi.

Si nascondono e fanno capolino lungo la scala a chiocciola che riporta al piano terra Anacoreti Anodini Anonimi, di Emil Lime. Figure senza forma, senza corpo, senza personalità, isolate in spazi definiti, sono gli zombi del nostro tempo.

Emanuele Magri – Ego Alter

testi di Rita Pugliese

Palazzo Bocconi, corso Venezia 48, Milano

Fino al 30 aprile

Opening 10/04 h.18:30 – Ingresso su registrazione
11/04 – 30/04; lunedì-venerdì ore 10.00-18.00 ingresso libero.

EMANUELE MAGRI

La produzione artistica di Emanuele Magri si è articolata sin dagli esordi in fasi diverse. Le unisce un filo conduttore: l’attenzione al corpo umano e alla parola.

La pluralità delle tecniche adottate, così come le variazioni tematiche in pittura, fotografia, video, scultura, potrebbero far pensare ad autori diversi.

Con la mostra Ego Alter Magri vuole giocare con queste alterità.

Le biografie immaginarie di Rita Pugliese e la contropresentazione critica del loro percorso artistico a cura del critico d’arte E.A. della rivista “MegaNumeri” (alter ego dell’artista), rientrano in questo gioco, con cui Magri ironicamente dà un nuovo senso e una nuova interpretazione critica al proprio lavoro.

sito web: https://www.emanuelemagri.com/

telefono 335254142

RITA PUGLIESE

Dopo l’insegnamento e i lavori editoriali, Rita Pugliese ha scoperto in questi anni il piacere di scrivere storie e di pubblicare il suo primo romanzo, Ritorno ad Atene.

Le opere e la conoscenza dell’autore le hanno consentito di costruire per questa mostra un mondo di nuovi artisti, ognuno dei quali rispecchia con fedeltà e ironia un aspetto della personalità di Emanuele Magri.

SEI IO, UNA PERSONALITÀ

Ammettiamolo: avere una doppia personalità non è poi così grave; è di gran lunga peggio rifiutare la duplicità che è propria di ogni essere umano. Un celebre psichiatra recentemente scomparso, che è stato un raro esempio di onestà intellettuale, ripeteva questa frase come un mantra: “Quando guardo dentro di me vedo almeno tre io, e non ci trovo proprio nulla di strano”. Perché allora dovremmo sorprenderci se un artista, quando si guarda dentro, di io ne vede sei?

Sei alter ego (o ancor meglio ego alter, raffinata variazione della formula) non significano sei personalità. Nel mio ruolo di improvvisato psicanalista dell’autore delle opere in mostra avanzo l’ipotesi che si tratti di un caso di monopersonalità poliedrica: i lati di un esaedro sono senza dubbio sei, ma un esaedro è pur sempre un solido, e una certa solidità di intenti, una fondatezza poetica, è ciò che accomuna i nostri sei ego. In sintesi: tutti e sei hanno un’attrazione per le situazioni esasperatamente visionarie, ai limiti (talvolta oltre i limiti) del distopico; hanno una passione per la sfera somatica che ritmicamente, a volte ritualmente, si capovolge in repulsione; hanno uno smaccato gusto per il teatro.

Il termine personalità ha probabilmente un’origine teatrale. La sua etimologia rimanderebbe alla parola etrusca phersu (persona in latino) con cui anticamente si designava la maschera. Secondo un’interpretazione avanzata da Jean Starobinski, che era per davvero uno psicanalista di artisti e di opere d’arte, il concetto di personalità scaturirebbe dalla irripetibilità della voce di ogni singolo individuo, dal timbro distintivo, unico, che è proprio di ogni essere umano. Un attore mascherato veniva identificato dal pubblico grazie alla sua voce, a quel suono che, per quanto alterato, trapassava la maschera (l’azione del per-sonare) e lo contraddistingueva.

Se ci mettessimo in ascolto dei nostri sei ego (delle nostre sei maschere) udiremmo forse un suono enigmatico, stridente e accattivante allo stesso tempo, per certi versi un urlo, per altri un canto, che è pur sempre un unico suono.

Roberto Borghi