Romano Sambati – Dolore delle foglie – Kunstschau e RTI Theutra Oasimed (Lecce)
Romano Sambati
Dolore delle foglie
a cura di
Roberto Lacarbonara
da un’idea di
Carlo Michele Schirinzi
un progetto
Comune di Lecce, Kunstschau e RTI Theutra Oasimed (Lecce)
Sabato 26 febbraio 2022 alle ore 18.00, nelle sale del Castello Carlo V di Lecce, apre al pubblico Dolore delle foglie, mostra personale di ROMANO SAMBATI (Lequile, Le, 1938) dedicata alla recente produzione di uno dei massimi esponenti pugliesi della pittura e della scultura.
La mostra, ideata da Carlo Michele Schirinzi e a cura di Roberto Lacarbonara, prodotta da Comune di Lecce – Assessorato alla Cultura, Associazione culturale Kunstschau e RTI Theutra Oasimed, raduna in 5 sezioni oltre 30 opere realizzate tra il 2020 e il 2022, oltre a disegni e pitture precedenti che raccontano “Gli albori” e “L’inizio” del lavoro dedicato alla presenza iconica delle foglie.
Un’indagine che risale agli anni Ottanta quando Sambati inizia a includere, nella propria produzione, frammenti di disegni di bambini delle scuole primarie tra cui un albero spoglio, con le ultime foglie che cadono. È l’inizio di una ricerca focalizzata sulla perdita e sulla caduta, sulla fragilità e transitività degli attimi, ma anche sulla ciclicità degli eventi secondo leggi naturali.
Le campiture evanescenti, dominate da tenui colori rosa e verdi, accanto alle tele più oscure dominate dalle ombre, accolgono concrezioni materiche, isole di colore e materia organica, in cui le foglie d’autunno accertano la qualità residuale dell’esistenza. Sono opere caratterizzate da una “pittura senza pittura”, in cui Sambati si lascia trasportare da carta, tela, pigmenti liquidi e polverosi per poi riemergere su una superficie esfoliata, esile e diafana, priva di qualunque traccia dell’intervento segnico e pittorico. Un linguaggio che privilegia la fatalità e l’imprevedibilità del destino rispetto all’azione diretta che trasforma e modifica la storia.
Su ogni opera l’artista appone il comune titolo Dolore delle foglie marcando la continuità di un processo pittorico ed esistenziale, connotato dal rovesciamento delle parole scritte sottosopra.
“Scrivere il titolo al rovescio – afferma Sambati – non è un vezzo estetico, proprio come accade nel decimo componimento delle Elegie duinesi di Rainer Maria Rilke: ‘E noi che pensavamo alla felicità / come a qualcosa che sale, sentimmo / l’emozione, che quasi ci sgomenta, / di quando una cosa felice cade’. Dolore delle foglie: spazio del puro etere, frammenti di una fu pittura, ultimi segni di una vita disseccata, Narciso dileguato nello stagno, specchio che non riflette più, occhio che non sa più vedere”.
La mostra ospiterà la proiezione del film di Carlo Michele Schirinzi, Eclisse senza cielo (2016) dedicato a Romano Sambati.
L’esposizione, accompagnata dal catalogo edito da Favia (Modugno, 2022) sarà visitabile fino al 5 giugno 2022.
NOTA BIOGRAFICA
Romano Sambati nasce a Lequile nel 1938. Dopo gli studi artistici di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Napoli, allievo dei maestri Emilio Greco e Augusto Perez, è docente di discipline pittoriche al Liceo artistico di Lecce per oltre trent’anni.
Numerosi lavori, negli anni Settanta, guardano al pensiero di Lucrezio e al suo De rerum natura, una ricerca che approda alla mostra e al libro, a cura di Antonio Del Guercio, Romano Sambati. Da Lucrezio far pittura (1982).
Influenzano la sua visione grandi classici della poesia e della narrativa, da Hölderlin e Rilke, da Cechov a Faulkner, così come appaiono centrali i testi ovidiani e i riferimenti classici alla mitologia e alla tragedia greca.
Tra le mostre personali più significative: 1969, Il Sedile, Lecce; 1976, Galleria L’Osanna, Nardò; 1987, Galleria Arti Visive, Roma; 1990, Galleria Extra, Taranto; 1991, Galerie Karghese, Grenoble; 1994, Galleria Neos, Santeramo; 2000, Chiesa San Nicola, Lequile; 2003, Conservatorio Sant’Anna, Lecce; 2006, San Francesco della Scarpa, Lecce; 2012, Palazzo Andreoli, Lequile.
Nel 2016 il regista Carlo Michele Schirinzi dedica a Sambati il film Eclisse senza cielo presentato alla 34a edizione del Torino Film Festival e vincitore del primo premio all’Ex/Art Film Festival.
Romano Sambati. Dolore delle foglie
a cura di Roberto Lacarbonara
da un’idea di Carlo Michele Schirinzi
Dal 26 febbraio al 5 giugno 2022
Castello Carlo V, Lecce
Organizzazione: Comune di Lecce,
Kunstschau (Lecce), RTI Theutra Oasimed (Lecce)
L’accesso alla mostra sarà consentito solo ai possessori di super green pass con mascherina fpp2, in osservanza delle misure adottate dal governo italiano in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19
Kunstschau Contemporary place
Via G. Toma, 72 Lecce
Info: + 39 320 5749854 | info.kunstschau@gmail.com
www.kunstschau.it
Dolore delle foglie
Gli albori
Negli anni ‘80, la ricerca ispirata al “De Rerum Natura” di Lucrezio, focalizzata sul tema della Conoscenza, si esplica nell’utilizzo di disegni realizzati dai bambini delle scuole primarie. Sambati decide di vagliare migliaia di fogli, provenienti dagli asili della sua città, nel tentativo di estrarre visioni non convenzionali, frutto della spontanea espressione dei più piccoli. Il disegno di un albero spoglio, con le ultime foglie che cadono, colpisce la sua attenzione e diventa il primo soggetto di una ricerca legata all’infanzia, alla memoria e alla caducità.
“Nel Museo Archeologico di Atene, vidi i bambini delle scuole elementari intenti a disegnare il loro passato. Rimasi profondamente colpito dai loro disegni, mentre pensavo alle nostre maestre che a quel tempo si limitavano a far disegnare fiorellini e, per Natale, cuoricini. Chissà se questa ricerca non abbia lì le sue lontane radici e che la classicità di un’opera non sia altro che un tornare bambini senza esserlo”.
L’inizio
Nelle opere realizzate per la mostra “Lacrimae Rerum”, ospitata da Palazzo Andrioli (Lequile) nel 2012, compaiono accenni ad un mondo arboreo, con diverse declinazioni. È l’inizio di una indagine focalizzata sulla perdita e sulla caduta, sulla fragilità e transitività degli attimi, ma anche sulla ciclicità degli eventi secondo leggi naturali. Le campiture evanescenti, dominate da tenui colori rosa e verdi, accolgono concrezioni materiche, isole di colore e materia organica, in cui le foglie d’autunno accertano la qualità residuale dell’esistenza.
“Fu per me l’avvio di un cammino randagio, un lasciarsi invadere da una istintiva, simbolica nostalgia per un passato remoto, quando tra comportamento infantile o animale, secondo necessità, mi vedevo sdraiato nell’erba della campagna dove vivevo, a guardare la volta del cielo e le nuvole che fuggivano ed io con esse”.
Solo poche opere, poi la sospensione, per procedere ad una ricerca parallela dedicata agli “Angeli senza cielo”, “Angeli senza Dio” e “Cielo vuoto”, temi in cui la precipitazione di figure antropomorfe, ridotte a frammenti di evocazione classica, definisce lo svuotamento del quadro fino alla manifestazione del suo fondo grezzo di juta.
Disegni
I disegni di Sambati hanno piena autonomia e forza plastica nell’esprimere le intenzioni e il pensiero dell’autore. Non dunque studi preparatori, bensì ipotesi terze, percorsi svolti a partire dalla manipolazione di una materia da sempre complice dell’artista: la carta. Una superficie in grado di conservare traccia dell’azione e del gesto, sia nel senso del segnare che del piegare, strappare e ferire.
Sullo spazio incontaminato del foglio bianco, si alternano piccole foglie secche di alloro e linee incerte di contorno, una sottile tensione tra presenza e assenza, materia del corpo e immaterialità della memoria. Il “dolore delle foglie”, sussurrato dalle parole, trova forma nella catarsi di una pittura che incorpora quel che resta di quanto è trascorso e accaduto.
“Sempre per depistare, dico che non sono disegni che abbozzano un’opera, ma il foglio per disegnare, come una foglia che spinta dal vento, trovando un ostacolo si lacera. Un pensiero lieve che corre liberamente, accompagnando i gesti delle mani nell’aria come espressioni di un sordomuto. Gesti fatti segni nel candore offeso dello strappo-ferita della carta. Momenti nei quali gesti e segni coincidono, diventando entrambi il medesimo dire. Come leggere un racconto è un creare al di là del racconto stesso e lo scriverlo al di là di ogni scrittura”.
La ricerca
Algide e solenni, oppure oscure e impenetrabili, le prime opere della ricerca “Dolore delle foglie” non ammettono che lo strappo, la perdita, l’inesorabile decadenza di materia e colore, la vita che precipita sul fondo.
“L’occhio può solo consegnarsi alla luce di questi cosmi in cui la natura, interdetta, tenta di ritrarre i cieli delle sue tele: nessuna opinione, nessun giudizio, solo silenzio muto di lingua, sprofondato in tempi antichi, mitici, crudeli, ma di una crudeltà fiera”, scrive Carlo Michele Schirinzi.
È una “pittura senza pittura”, in cui Sambati si lascia trasportare da carta, tela, pigmenti liquidi e polverosi per poi riemergere su una superficie esfoliata, esile e diafana, priva di qualunque traccia dell’intervento segnico e pittorico. Un linguaggio che privilegia la fatalità e l’imprevedibilità del destino rispetto all’azione diretta che trasforma e modifica la storia.
La ricerca 2
Col dovuto senso del depistaggio, il vero, che adombro, nella sua assolutezza, non è che risonanza e ritmo del respiro di ogni vivente, anche di una foglia. Ricerca di un invisibile, come l’addensarsi delle nuvole, il sorgere e il variare dei venti.
Scrivere il titolo al rovescio non è un vezzo estetico, come accade nel decimo componimento delle “Elegie duinesi” di Rainer Maria Rilke: “E noi che pensavamo alla felicità / come a qualcosa che sale, sentimmo / l’emozione, che quasi ci sgomenta, / di quando una cosa felice cade”.
Dolore delle foglie: spazio del puro etere, frammenti di una fu pittura, ultimi segni di una vita disseccata, Narciso dileguato nello stagno, specchio che non riflette più, occhio che non sa più vedere.