Silvia Ottobrini e ReBarbus – Core – Incinque Open Art Monti – Roma

Core
Silvia Ottobrini e ReBarbus
15 – 22 luglio 2021
Core è la bipersonale che inaugura a Roma giovedì 15 luglio 2021, pensata e ideata da donne: le due artiste protagoniste, Silvia Ottobrini e ReBarbus, alias Vissia Giustarini, la curatrice Rosanna Accordino, l’architetto e gallerista Monica Cecchini, che accoglierà la mostra all’interno degli spazi di Incinque Open Art Monti.
Core è un termine del dialetto romano molto utilizzato che si traduce con la parola cuore e identifica anche il carattere gioioso e goliardico dei romani, il loro spirito appassionato ed euforico, raccogliendo pregi e difetti.
È anche la traduzione in inglese della parola nucleo, la parte interna più compatta e nevralgica che costituisce l’essenza delle cose. Nella cellula, il nucleo è sede di importanti processi e raccoglie la gran parte del patrimonio genetico dell’individuo. A livello astronomico, il nucleo solare assolve alla funzione di riscaldare e di tenere in vita, analogamente al compito del cuore all’interno di un organismo.
Rosso, caldo, ma al tempo stesso oscuro e cavo, il cuore è luogo di conciliazione dei principi complementari, sintesi del maschile e del femminile. Attraverso il folklore europeo, nasce la tradizione del cuore stilizzato di colore rosso, a simboleggiare il sangue e la passione. Ma il cuore è anche triangolo rovesciato che a livello esoterico rimanda al potere del femminile divino.
Il chakra del cuore si trova al centro del petto e fa da collegamento fra i tre chakra inferiori e i tre superiori. In esso si trova la sede dello spirito, del sé superiore, della scintilla divina che appartiene a ogni essere umano. Paura, gelosia, possessività, risentimento sono tutti sintomi di un chakra del cuore chiuso.
In letteratura il cuore è un elemento imprescindibile dei riti magici. Cibarsi del cuore del nemico ha il significato simbolico di acquistare forza e coraggio.
La mostra Core è l’incontro di due anime complementari che, come yin e yang, confluiscono l’una nell’altra. Le artiste si sono “riconosciute” nell’opera dell’altra ancor prima di parlarsi, di condividere pezzi di vita vissuta e di incontrarsi. Lo scambio di idee è avvenuto virtualmente o, se si preferisce dare una connotazione romantica, anacronisticamente parlando è avvenuto in maniera epistolare.
Quando Silvia Ottobrini si è trovata davanti al collage fotografico “Vissuto corporeo” di ReBarbus, si è lasciata invadere da un’emozione profonda. Più osservava l’opera e più dettagli riusciva a carpire che le raccontavano sprazzi della vita dell’altra, le cui cicatrici coincidevano incredibilmente con le proprie.
Contemporaneamente, Vissia ha percepito di essere stata scelta da Silvia, di essere stata presa per mano in un particolare momento del proprio percorso di vita nel quale sentiva di vagare stancamente. E si è lasciata guidare, ha accettato di superare le proprie ferite e di addentrarsi in un mondo del tutto nuovo e mai esplorato prima di quel momento, ovvero il proprio nucleo, la sua parte “Midolla”.
Silvia Ottobrini ha così realizzato l’opera scultorea “Senza nome”, spinta dall’urgenza di toccare con mano quel dolore per poterlo curare. Cure e Core sono vocaboli assonanti che risuonano all’interno della stessa parola: Cuore.
Le due artiste hanno un modo di approcciarsi all’arte in antitesi. Se con Silvia Ottobrini abbiamo una presenza molto fisica e tridimensionale, che indaga le ferite, le ombre, il passato, le anime perdute e un profondo senso di indeterminatezza, dall’altra parte troviamo il percorso più recente di ReBarbus che, superate le cicatrici a margine della superficie, cerca di indagare uno spettro più malleabile ed etereo del sé, ma al contempo vitale ed energico.
Entrambe sondano la propria intimità e sono accomunate dall’utilizzo di elementi archetipici che ripropongono all’interno delle loro creazioni. Ritroviamo molto spesso elementi della natura come insetti, gusci d’uovo, ali spezzate, rami e fiori. Spesso sono elementi che vanno a sostituire il cuore, come fa ReBarbus nelle sue opere di assemblage, oppure diventano uno scrigno, un antro protettivo come nel caso dei gusci d’uovo all’interno dei quali Silvia Ottobrini colloca le sue bamboline. Un lavoro delicato e certosino il suo che va a scavare il proprio nucleo fino a far emergere il fanciullino di pascoliana memoria, fino a far sciogliere quei nodi che tengono la psiche incatenata. Qui entra in gioco il concetto di “Ex” inteso come ex voto, ovvero che a seguito di un vuoto, il proprio nucleo viene nutrito e colmato di bene.
Core è la mostra che racconta un’analisi introspettiva condotta a quattro mani, un’indagine dell’anima spinta fino a scoprire i nervi che compongono il nucleo di ciascuno, saggiando con coraggio la materia di cui è fatto. È una ricerca soggettiva e spesso dolorosa che può far trovare tesori o far emergere ombre.
Come scrive Haruki Murakami, “Il cuore umano a me dà l’impressione di un pozzo profondissimo. Nessuno sa cosa ci sia laggiù. Si può solo cercare di immaginarlo dalle cose che ogni tanto vengono a galla.”