Andrea Cardia – Passaggi di tempo – Premio Solo Show – La Quadrata 2022 – Il Melograno Art Gallery – Livorno

Sabato 20 maggio 2023, alle ore 18,   Il Melograno Art Gallery inaugura a Livorno la personale di Andrea Cardia dal titolo “Passaggi di tempo”. 

Festeggiamo con questa mostra il vincitore del Premio Solo Show 2022, conquistato nell’ambito della undicesima edizione de La Quadrata, concorso ideato e prodotto da il Melograno Art Gallery e che si svolge a Livorno dal 2012.

La Giuria 2022 ,  composta da Romina Guidelli, Margherita Musso, Silvia Pierini ha assegnato la vittoria all’opera di Andrea Cardia “Man”

“Man”

L’ opera dell’ artista Andrea Cardia si colloca temporalmente nel cuore della fase pandemica e come riporta il suo titolo “Man” ha nel suo epicentro proprio l’essere umano. Il suo disagio emerge dalla tela prorompente, la materia si ribella alla prigionia del corpo, alla monotonia e alla ripetizione del linguaggio e dei gesti. 

La tecnica mista, l’artista usa spesso materiali poco ortodossi, aiuta l’opera a incrinare le già poche certezze di una vita imposta, forzata e proprio per questo fasulla, plastificata e pronta a implodere su se stessa.

Il fertile grembo artistico del pittore romano feconda ancora una volta un’ opera figurativa che scatta verso la deriva astratta in uno splendido delirio controllato di colore, materia, fango e luce.

Con la forza di uno strappo il lavoro di Cardia scuce in superficie le nostre piccole toppe raffazzonate e ci introduce nella rivelazione delle nostre profondità.

Alessio Trapassi

il CATALOGO

PAESAGGI UMANI

“A mio avviso, Andrea Cardia, è attualmente uno degli artisti italiani più visionari, creativi e possenti. A prima vista si richiama più che a quello italiano al neo espressionismo Tedesco dei cosiddetti “nuovi selvaggi” Richter, Polke and Baselitz, che sono tornati alle fonti della loro tradizione proponendo un modo nuovo di rileggere l’Espressionismo di inizio secolo; ma si tratta appunto di una prima impressione perché in realtà nel nostro artista troviamo un ancoraggio alla tradizione classica e primo novecentesca italiana che certo nei “nuovi selvaggi” non era presente e che qualifica Cardia come un esponente autenticamente “mediterraneo”.

Ha diviso la sua produzione in una serie di capitoli – quasi fosse un romanzo col finale ancora aperto, Ominidi, Donne, Paesaggi umani, l’Anima scabra, in cui si racconta di un’umanità violentata e dolente che emerge dostoevskijanamente dal sottosuolo dell’anima, ma che è perennemente alla ricerca di un riscatto possibile.

I suoi dipinti sono per lo più dominati da grandi figure quasi monocromatiche, spesso viste di spalle, color carne, grigio, ocra, appena ravvivate da pochi inserti di rosso o di blu, che accendono sonorità improvvise; molte volte esse si flettono, addirittura si capovolgono, esprimendo una tragica ma contenuta tensione dinamica, altre volte Cardia recupera invece una più morbida sensualità in alcune belle figure di nudi femminili, ricchi di una corposa sensualità e una materica plasticità che a me riporta alla mente alcuni meravigliosi corpi sfranti di donna di quel (anch’egli misconosciuto) grande genio del nostro Novecento che è stato Fausto Pirandello.

La pittura di Cardia si affida comunque da un gesto quasi informale che lo impegna in un corpo a corpo con la materia dagli esiti sempre imprevedibili, ora di una figurazione quasi minuziosa, ora di una semplificazione formale che sfiora l’astrazione, dal pieno al vuoto secondo epifanie e cancellamenti che denotano in ogni caso una tensione creativa sempre al limIte dell’esplosione.

Fedeltà alla pittura, in definitiva, secondo quella compresenza di “fatica di corpo” e “fatica di mente” che è uno degli assunti più generali del mio libro: fatica che si ottiene con gli oli, le tempere, gli acrilici, ma anche la sabbia o il catrame distribuiti sulle tela o sulle carte. Pittura figurativa dunque che vuol dire adesione alla realtà, ma non sua pedissequa o fotografica riproduzione. E pittura figurativa che tende ad andare oltre o, forse sarebbe meglio dire, dentro, i corpi per scandagliarne gli umori e la psiche. E stato per primo Leonardo, come si sa, a comprendere, attraverso la sua teoria dei moti dell’anima – che la raffigurazione del corpo umano non è mai, almeno quando l’artista è veramente tale, una raffigurazione puramente esteriore ma al contrario un volto, ma anche una mano, un gesto, una torsione del busto, possono esprimere così tante emozioni e sentimenti, starei per dire, pensieri, quanto possono esprimerlo delle parole, dei versi, dei racconti interi. Ed anche il gesto pittorico di Cardia, di cui prima parlavamo, è solenne ed eroico piuttosto che disperato. Direi più michelangiolesco che pollockiano. Presuppone quel conflitto titanico tra forma e materia che trae origine dalla più sofisticata delle matrici culturali mediterranee, quella neoplatonica, piuttosto che dal nichilismo distruttivo e cinico, ancorchè pieno di nullificante fascino, di quella cultura americana del secondo dopoguerra cui appunto facevamo riferimento, sia pure in modo diverso, Pollock o Kerouak e che a Cardia è, seppure non del tutto, estranea.

In lui, in definitiva, vedo più Pasolini che Bukovski; più Schifano e Tano Festa delle origini che Roy Lichtenstein o Keith Haring. È lo stesso artista a descrivere molti dei suoi quadri come “paesaggi umani” dove l’uomo o la donna sono presenti anche quando sono assenti, lasciando comunque, sulla tela o sulle carte, tracce dei loro corpi, dei loro suoni, dei loro odori. A volte si vedono solo due gambe e i piedi di una sedia a raccontare di un incontro solo momentaneamente andato a buon fine, lei poi rimane nuda e sensuale, ripresa di schiena, distesa sul letto, con le pennellate spesse e ruvide che la fanno quasi uscire dalla tela e probabilmente decide di andarsene se l’uomo racchiuso, solo, disperato ci appare come Adamo nel giorno del peccato.

[….] Un elemento, tra gli elementi della sua produzione artistica, a me pare essenziale ed è quello del segno/disegno, autentica genesi di ogni successivo passaggio poetico. Disegni che ora sono prove e bozzetti per i successivi dipinti, ora sono opere già in sé formalmente compiute, si tratti di volti sapientemente resi con poche linee essenziali, di corpi di donna ora oscenamente appesantiti ed obesi ora più castamente genuflessi e inclinati, di corpi infine di uomini e donne abbracciati insieme fino a confondersi e divenire una entità unica. In questi disegni c’è la resa del desiderio, che è passione ma anche rinuncia: l’amore, sembra dirci Cardia, può anche voler dire scomparire, coltivare un piccolo dolore da accarezzare al posto del seno di una donna magari ascoltando una mazurka di Chopin o una ballata di Bob Dylan. E in questi disegni quasi sempre in bianco e nero affiorano qua e là lampi di rosso sangue o di azzurro che ne ravvivano drammaticamente l’impatto visivo. La stessa cosa che avviene per i dipinti, spesso condotti con toni lividi e sommessi ma che a volte si accendono di improvvisi e rutilanti fragori; dipinti che costituiscono la prosecuzione naturale e diretta dei disegni che prima descrivevamo e che consentono quel continuo corpo a corpo con la materia nel quale Cardia trova la più autentica motivazione del suo fare artistico.

[….] Egli si sente, appunto, più pittore che artista…

In quest’ottica, pittori come Andrea Cardia, che, sono certo, non smetterà mai di sperimentare, soffrire e cercare di innovare continuamente il suo linguaggio,rappresentano l’unico antidoto all’infausta previsione della morte dell’arte, potrà avvenire solo se morirà anche, tutt’intera, la nostra civiltà. Ed io sono sicuro che questo non avverrà.

[Sergio Rossi, Art as mind effort, Lithos 2012. Sergio Rossi Professore di Storia dell’Arte “La Sapienza” Università di Roma, Italia]

 

OMINI

Personaggi solitari, fotogrammi di alcuni momenti di “ordinaria follia”, su sfondi, spesso metropolitani, a tinte accese, ghignanti con ironia. Dall’abilità e dall’immediatezza del gesto pittorico, armate di sperimentazione di vari materiali, nascono figure stilizzate, allegre e serie, gioiose e riflessive, ricche di rimandi a un simbolismo che spazia dalle antiche statue dell’Isola di Pasqua alla street art, con omaggio speciale a Basquiat. L’“OMO” si trova nel mezzo di una realtà contemporanea di cui non è complice ed in cui non progredisce. Il colore diventa un efficace strumento di comunicazione e occasione per intraprendere discorsi sociali. Nel 2014 nasce “Il Muro era vuoto”: un murale di 60m di lunghezza e 3,5m di altezza realizzato a Roma (Via Luchino dal Verme) attraverso una campagna di crowdfunding sia on e off line, con contributi dal web e dai cittadini del Pigneto. Un pezzo di streetart, una vera e propria sfida che supera la dimensione dell’episodicità e affronta una narrazione di ampio respiro che sintetizza la Storia d’Italia dal 1950 ad oggi, un decennio ogni 10m. Andrea Cardia ha legalmente realizzato il Murale con la necessaria autorizzazione del V Municipio di Roma e dell’Istituto “Sorelle della Misericordia” che ha donato il muro. Nel 2017 il progetto continua. L’opera di Via Muzio Attendolo è la chiara continuazione del primo murale, ma questa volta la sfida è più grande: 120 metri di lunghezza e 3 di altezza. Il progetto prevede due fasi: la realizzazione del murale con 35 spazi bianchi per i bambini dell’Istituto e per i ragazzi del quartiere. Il progetto si è concluso nel 2018.

ANDREA CARDIA

Passaggi di tempo

Il Melograno Art Gallery

20 – 26 maggio 2023

Vernissage sabato 20 maggio ore 18

La mostra sarà aperta fino alle ore 13 di venerdì 26 maggio.

Livorno, via Marradi 62/68

Orario: 10/13 e 16/20

Tutti i giorni, domeniche comprese

Saremo chiusi soltanto il lunedì mattina