ERSILIA SARRECCHIA – SELVATICA, ora che posso fermarmi a guardare – laranarossagallery – Modena

ERSILIA SARRECCHIA

SELVATICA, ora che posso fermarmi a guardare

a cura di Francesca Baboni

Si inaugura mercoledì 21 giugno, durante il solstizio d’estate, dalle 18.00 alle 22.00 presso la galleria ranarossa 3.0 a Modena, la nuova mostra personale di Ersilia Sarrecchia “Selvatica, ora che posso fermarmi a guardare” a cura di Francesca Baboni. L’esposizione presenta le ultime serie dell’artista, incentrate sul tema delle piante selvatiche, tra cui opere ancora inedite e realizzate dall’artista appositamente per l’occasione.

L’artista racconta di non essere partita da un’idea precisa ma di avere seguito il richiamo della natura, in un tempo dilatato, tornando un po’ bambina. Nelle opere protagonisti sono fiori e piante boschive e selvagge, vivi e palpitanti, senza la presenza umana.

Come scrive la curatrice: “Nella contingenza attuale sembra che la tematica ambientale sia divenuta argomento principale condiviso dai più, spesso con accezioni discutibili o strumentali.

L’ambiente che ci circonda spesso contribuisce alla creazione di una nostra identità, ancor più quello che ci avvicina al primordiale, come lo spazio incontaminato dei boschi.

Ersilia Sarrecchia è selvatica dentro e con questa sua nuova personale intende omaggiare la sua natura con una scelta pittorica che trascende dalla bontà del soggetto e dal sociale, ma tocca profondamente la sfera intima. La sua attitudine è quella fondamentalmente di tutte le donne consapevoli, che abbracciano la naturalezza dell’essere senza timori di giudizio da parte della società.”

Presentazione art book sabato 1 luglio dalle 18.00 alle 22.00

testi di: Francesca Baboni, Stefania Battisti, Cristina Boschini, Giulia D’Elia, Eugenia Gazzoletti, Eleonora Giordano, Giovanna Lacedra, Laura Solieri

visitabile fino al 9 luglio 2023 il venerdì, sabato e domenica ore 18 – 20 e su appuntamento Via Montevecchio 21, Modena tel. 338 6628358 | laranarossagallery@gmail.com

SELVATICA

ora che posso fermarmi a guardare

Per questo progetto non sono partita da un’idea precisa,

mi sono in qualche modo abbandonata e affidata alla pittura,

sentivo l’esigenza di tirar fuori, liberarmi dal torpore invernale, che quasi mi paralizza.

Sono stati mesi molto faticosi in cui ho sentito fortissimo il richiamo della natura, il bisogno di immergermi in essa, di accarezzarla, annusarla, ascoltarla.. alleata preziosa, ho voluto imitarla.. e mentre germogliava lo facevo con lei.

Le passeggiate nei boschi, il risveglio della vegetazione, i primi fiori, l’aria fresca sul viso.. questo ho voluto rappresentare.. la riappacificazione con la terra, la riappacificazione con la vita, come una rinascita.

SELVATICA perchè selvatica è la mia pittura, spontanea, libera di seguire se stessa, di miscelarsi e sovrapporsi a media diversi, olii, acrilici, smalti e pastelli, ora materica, ora fluida, attraversata da segni che suggeriscono fiori selvatici, ma anche segni calligrafici spontanei, automatici, che esprimono il pensiero, l’emozione del momento, suggeriscono il titolo dell’opera, fino a diventare indecifrabili e quindi semplicemente parte della composizione.

Ora che posso fermarmi a guardare, ora che il tempo è dilatato, scandito dalle cure, dai suoi effetti, dagli sguardi di chi soffre, dalla paura, tutto appare diverso.. io mi fermo e osservo, lo faccio con attenzione, come quando ero bambina, con la stessa curiosità e amore, guardo i petali dei ciclamini e delle viole, accarezzo le loro foglie, li annuso, li guardo da vicino quasi a volerne vedere le cellule che li compongono.. e guardo me stessa, diversa, fragile e forte, mi scopro selvatica, spontanea, autentica, libera.

Libera di essere, guardo con tenerezza e ammirazione Ersilia, la bambina e la donna.

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LA NATURA NON SI VINCE SE NON UBBIDENDOLE

In questo progetto Ersilia Sarrecchia si discosta dai suoi consueti canoni espressivi, pur rimanendo fedele alle tematiche che le sono proprie. Il femminile, l’incontro e l’identificazione con la natura e con la sua forza rigeneratrice, la primavera, riflettono un preciso percorso di ricerca dell’artista, di risposta alle proprie domande, di immedesimazione nella capacità di creare e di trasmettere emozione non solo attraverso la figurazione. Colore, musica, parola si fondono a volte oltrepassando lo schema figurativo, strumento di mediazione che spesso è utile ad ‘addomesticare’ i messaggi,

a renderli immediatamente percettibili ma che, in questo caso, toglierebbe spontaneità a ciò che invece dev’essere naturale. Si ritorna costantemente al tema della natura, alla libertà di espressione, alla vitalità che essa riflette quando, appunto, non è costretta dalla forza coercitiva dell’uomo. “Selvatica”, non contaminata, quindi, da ciò che l’egoismo, il freddo tornaconto, la cupidigia di possesso e il desiderio di supremazia tendono a domare e a reprimere. Nelle opere di Ersilia Sarrecchia si reitera con gioia il suo e comune desiderio di essere natura, capace di esprimersi e di essere accolta in tutte le proprie espressioni, nel rispetto, nell’accettazione e nella meraviglia che tutti le dobbiamo. Viene spontaneo il paragone con il femminile, purtroppo oggi reso vulnerabile e annichilito dalla manipolazione, dalla brutalità, dalla superficialità. “ Natura non vincitur nisi parendo” (La Natura non si vince se non ubbidendole), diceva Francis Bacon. Bisogna ripartire da un percorso parallelo di conoscenza, di rispetto, di autenticità, di immedesimazione, esattamente come ha fatto Ersilia Sarrecchia nel dare nuova vita al suo percorso artistico.

Cristina Boschini

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DONNE CHE CORRONO SENZA I LUPI

Nella contingenza attuale sembra che la tematica ambientale sia divenuta argomento principale condiviso dai più, spesso con accezioni discutibili o strumentali.

L’ambiente che ci circonda spesso contribuisce alla creazione di una nostra identità, ancor più quello che ci avvicina al primordiale, come lo spazio incontaminato dei boschi.

Ersilia Sarrecchia è selvatica dentro e con questa sua nuova personale intende omaggiare la sua natura con una scelta pittorica che trascende dalla bontà del soggetto e dal sociale, ma tocca profondamente la sfera intima. La sua attitudine è quella fondamentalmente di tutte le donne consapevoli, che abbracciano la naturalezza dell’essere senza timori di giudizio da parte della società. La serie Ora che posso fermarmi a guardare, presenta assemblaggi di fiori e vegetazione, ed è composta da opere inedite su tela e tavola ad olio e tecniche miste, che fanno riferimento a passeggiate boschive, tra arbusti in cui spuntano germogli e ciclamini che iniziano a germogliare sotto il manto nevoso. Comprende accenni autobiografici e rimandi poetici, che si focalizzano sul respiro della terra e nel contempo sulla mancanza del respirare, come se fossimo, in qualità di spettatori, immersi in mezzo a quella natura che rinasce dal torpore invernale come metaforicamente succede anche sovente nella vita. La traccia autobiografica è dunque spunto di una rilettura metaforica dell’esistenza misteriosa delle piante, con un afflato romantico più che da esploratore naturalista. I significati simbolici floreali, fanno da contrappunto al passo e al respiro dell’essere umano alleato con la natura circostante, che palpita come una presenza viva, come uno Sturm und drang fatto di percezioni alterate e sensorialità pura.

Ersilia Sarrecchia si addentra con passionalità tra i fogliami come una ninfa del bosco, trattenendo la curiosità di un ricercatore, annusando, toccando, abbracciando, con la volontà di captare la sensualità latente dei fiori selvatici, spesso nascosta da un’apparenza non esteticamente apprezzabile, attraverso il tocco della terra e dei petali, l’odore deciso dei germogli, delle viole del tarassaco, che si trasforma in materia pittorica. La capacità dell’artista di giocare su livelli differenziati è particolarmente intrigante, poiché si nota la volontà di passare dalla stesura di un bianco abbagliante pregno di materialità alla graffiatura del segno che accenna alla presenza floreale senza mia troppo rimarcarla.

Il fiore è da sempre ricco di significati arcani. A partire dalla rosa, simbolo della Vergine mistica, molto utlizzato nell’iconografia medievale. La pianta scelta dall’artista è indomabile, ha una sua vita segreta, si nasconde tra le fratte, compare all’improvviso sorpendendoci.

E se è vero che le piante ci parlano e pulsano, ancor più le erbe velenose e officinali trasmettono messaggi, usate un tempo dalle streghe per curare o praticare incantesimi.

Con poche e rapide pennellate gli steli perdono la loro essenza formale e figurativa passando all’astrazione e si plasmano sotto alla dittatura del pensiero dell’artista che destruttura.

Tutto avviene tramite il gesto violento del pittore che segue un suo tragitto mai predefinito, che prende vie inedite e trasforma l’esistente.

Selvaggia è la donna quindi ma anche la stratificazione materica che viene interiorizzata e riformulata attraverso la puntualità istintiva del gesto e la pastosità del colore, che ricompone l’immagine fino ad a farla diventare altra cosa, a sostituirsi al soggetto e talvolta a cancellarlo.

C’è una diretta corrispondenza tra le due parti nell’atto di rivivere una nuova fioritura, un nuovo inizio, tra la materia che si fa strada e si intreccia con un percorso vitale della donna (Rifiorire).

Nel “suono della natura” gli spartiti musicali delle canzoni scelte non a caso, fanno da sfondo all’intercettazione della pennellata e all’effetto cromatico che si fonde alle note che appaiono dal livello sottostante. Pentagramma e fiori diventano un alfabeto dell’ascolto dei suoni naturali, del camminare assieme, del rifiorire e della metamorfosi in azione.

Un viaggio iniziatico in una nuova dimensione, un immergersi nei suoni che culmina nell’opera Scomposta, dove appare il buio mischiato al turbinio di cromatismi più cupi ma comunque avvolgenti. Ersilia Sarrecchia torna alle sue origini, quelle di Eva, dell’innocenza primordiale, o di Lilith, la sua parte oscura, dicotomia potente e ben presente nell’universo del femminile.

FRANCESCA BABONI