Federica Zianni – IN -CAUTE TRAME – SpazioCima – Roma

IN -CAUTE TRAME
Personale di Federica Zianni
a cura di Roberta Tosi
26 settembre – 21 ottobre
SpazioCima
Via Ombrone, 9 Roma
La Galleria SpazioCima di Roma (via Ombrone, 9) inaugura il 26 settembre, alle 18.30, una nuova stagione espositiva con la mostra IN-CAUTE TRAME, personale di Federica Zianni, vincitrice sezione Scultura MArteLive 2022.
Curata da Roberta Tosi, IN-CAUTE TRAME racconta di “intrecci, reticoli astrali, trame dell’essere attonite e inquiete che si aprono come segni e presenze di segni ancestrali”, appartenenti all’anima o trasformatisi in materia che si piega o combatte.
Un reale allegorico, dunque, o estremamente veritiero, ossimorico, è ciò che identifica le opere di Federica Zianni, in cui i contrasti di ombre e luci che caratterizzano il suo interrogarsi trovano anche nei materiali e nei
colori, sapientemente scelti, la dualità e il contrasto delle possibili risposte; camere e lacci emostatici,
dunque, ma anche legno e bronzo, nero e oro.
Un’arte totalizzante, che esige un contatto e una pluridimensionalità creatrice di quel collegamento necessario tra spirito e mondo reale.
IN-CAUTE TRAME
Federica Zianni
Vernissage 26 settembre
Ore 18.30
Ingresso libero
Orari galleria: da mercoledì a venerdì h. 15:30 – 19:00
Sabato h. 16:00 – 19:00
Federica Zianni si laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, in Scultura, dove dal 2022 è docente di Tecniche di Fonderia.
Dal 2018 partecipa a Premi di rilievo nazionale come il Premio Combat, il Premio Vittorio Viviani, il Premio Comel, l’Artrooms Award, il Malamegi LAB Art Prize, il Premio di Scultura Gabbioneta, il Premio Mellone, il Premio di Scultura Fregellae e prende parte al GIFA (Fiera Internazionale della Fonderia) a Düsseldorf.
Nel 2021 vince il premio espositivo di We Art Open 2021 indetto da No Title Gallery. È tra i finalisti del Premio Cramum e di Exibart Prize; è finalista al Mediterranean Contemporary Art Prize, al Premio Fregellae e al Premio Artkeys. È tra gli artisti di VIR Viafarini-in-residence e
partecipa alla residenza artistica In-Edita 2, progetto coordinato dalle gallerie Alberta Pane, Ikona Venezia e Marina Bastianello Gallery. Nel 2022 espone le sue opere a Milano in una mostra personale alla Manuel Zoia Gallery ed è finalista all’Exibart Prize e al Premio Arte a cura di Cairo Editore, realizzando inoltre la sua prima monografia edita da Vanillaedizioni. Risulta, inoltre, vincitrice dell’Arte Laguna Prize 16 per la sezione Premi Speciali per cui è in residenza artistica alla Fonderia Artistica Versiliese espone per la prima volta la sua ricerca artistica alla 17a edizione di ArtVerona e alla 2a edizione di Roma Arte in Nuvola. Vince, infine, sempre nel 2022, la sezione Scultura del concorso MArteLive.
Nel 2023 torna a Roma con una seconda mostra personale da Galleria Triphè curata da Maria Laura Perilli e partecipa a Re-Use, Role of Visual

– Sculpture Art Creation in the Context of Sustainable Behaviour, progetto co-finanziato dall’Unione Europea come parte di Creative Europe
Programme, che vede il coinvolgimento di parteners come Sculpture line, Area Creativa 42 e Jan Koniarek Gallery. È, infine, tra gli artisti finalisti di ARP – Art Residendy Project promosso dal Centro Luigi di Sarro.

UFFICIO STAMPA – MArtePlus – Agenzia di Comunicazione
Cristina Loizzo
cristina.loizzo@marteplus.it
+39 333.5081325
Francesco Lo Brutto
francesco.lobrutto@marteplus.it
+39 331.4332700

In-caute trame
Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all’uomo come in effetti è, infinito.
William Blake

Dove finisce il nero che aggroviglia i pensieri, l’oro liquefatto che arroventa la forma e la solidifica?
Intrecci, reticoli astrali, trame dell’essere attonite e inquiete si aprono come segni e presenze di segni ancestrali, quelli che appartengono all’anima e lì restano a tratti inespressi, altri trovano la via coraggiosa della materia che si piega o combatte.
Tra le mani di Federica Zianni si muovono, si ergono raffigurazioni ardite suscitate dall’incontro o scontro con la realtà, colta nell’intimo della sua inespressa essenza. In fondo raffigurare significa “mettere in figura”, ovvero rappresentare nell’allegoria, o simbolicamente, il reale da cui non si fugge e non ci sono sconti, né facili risoluzioni.
Da questo incontro sempre generativo dove i contrasti diventano singolarità, teatri d’ombre e di luce che si dibattono e gridano la loro lotta con la vita, nascono opere come paradossi, quasi fossero scherzi del destino che interrogano e disturbano se l’esistenza diviene solo un facile attraversamento dei giorni.
Ma l’arte, quella vera non appare mai un mansueto attraversamento: «Nessuna opera regge se dentro di sé non ha tutto il pathos e tutta la sofferenza dell’autore. (…). Né video art, né body art, né concettuale art, acephal art, squallida art, fecal art. Nessuna comic art o ethnic art. Solo un eterno punto interrogativo inchiodato al cielo.», ha scritto Claudio Parmiggiani.
Quel punto interrogativo è anche ciò che scuote la ricerca di Zianni quando la raggiungono le sue improvvise apparizioni, sul finire del giorno. Scende allora l’artista, scende e risale la scala preziosa dell’esistenza, la sua Scales, quasi fosse la scala biblica di Giacobbe, ne cercasse l’accesso o ne togliesse la pelle, di più, le squame. Come fossimo anche noi creature che si dibattono, tra terra e acqua, anche cielo, e forse è così. Quasi cercasse le «immagini spettrali a strati sovrapposti sino all’infinito, avvolte in membrane infinitesimali» di Balzac, sedimentando tessiture di vita e interrogandosi costantemente sulle sue forme, su ciò che è e, soprattutto, non è.
Il percorso è lungo, un parto nel tempo accolto quando ancora Federica muoveva i primi passi nell’arte e dunque nella vita, per giungere a materia e sostanze in continuo affanno tra loro, sospinte da forze centripete che stringono, avvolgono, proteggono. Anche la scelta dei materiali, che non è mai un caso, si scopre a tratti duttile, docile, arrendevole come camere d’aria e lacci emostatici, altri potente e salda, come bronzo o legno. L’intreccio di forze contrastanti, l’insaziabile scelta del controcanto cromatico come il nero, nel profondo che tutto trattiene, e l’oro, icona che spalanca e apre, creano un equilibrio che riassume e ritrova l’istinto al viaggio archetipico. Non potrebbe essere che così quando, faccia a faccia, come di fronte a uno specchio che non riflette ma evoca, si chiede: Who are you? Interrogativo che cela tra le pieghe, ciò che non rivela: “Who am I?”. O ancora, il suo I’m looking for the Man, bronzo teso e aggrovigliato dell’anima che non si arrende e si protende come un Diogene con la sua lanterna, a cercare l’Uomo, l’essere umano stesso e la sua verità. Una ricerca inquieta, perché inquieta è la realtà che viene assoggettata ai propri desideri o bisogni ma  rimane lì come quella spada, risoluta a cedere e a risvegliare le coscienze. Appesa quasi per errore, pronta al minimo sussulto, Restless of Democles è questo monito a cui fa quasi da eco In case of emergency. C’è sempre un’emergenza che impone la sua evidenza e ci scopre a volte fragili, sulla soglia, nell’oro e nel nero, tra trame d’aria e di respiro.
Trame che si scoprono Reticulum, grandi e piccoli, e tornano, tornano sempre. Linee sovrapposte che imbrigliano il pensiero, lo celano al sentire distratto, pieghe oscure che trattengono la luce per non schiuderla a chi non ne è degno. Il movimento diventa costante, l’inseguimento infinito e bussa alle porte dell’Io e al mistero di ciascuno, anche a costo di svuotarne la custodia per accedere a una semente incapace di generare. Cosa resta di un melograno che non produce più frutto, paradigma di una vita in cui si è donato tutto?
S’intrecciano fili, si avvolgono reticoli che chiedono, no esigono, il contatto, pelle a pelle, perché l’arte o è in questa totalità o non è. Federica Zianni lo afferma, senza reticenze: nella bidimensionalità si sente soffocare. Così spodesta la mano dalla sua quiete e oltrepassa il vuoto, quello che resta attorno alle opere, lo spazio necessario perché l’arte avvenga, si compia l’incontro e ci sia il lungo succedersi dei momenti, uno dopo l’altro. Laddove il mondo accelera, l’arte sospende, chiede tregua, trattiene lo sguardo per inabissarsi nello spirito e trovarne l’accesso. Se questo avviene, allora ci sarà la possibilità di cambiare rotta, tagliare i cordoni che imbrigliano, le cravatte al collo che imprigionano ma, al contempo, sciolgono i fili incostanti dei giorni e si appuntano al chiodo come memento. E allora, tutto questo non sarà stato invano.
Roberta Tosi