Igor Hosnedl – Vera Kox – IN CONVERSATION CHAPTER #2 – RIBOT – Milano

Igor Hosnedl – Vera Kox

IGOR HOSNEDL – VERA KOX
IN CONVERSATION
CHAPTER #2
a cura di Domenico De Chirico
30 settembre – 7 novembre 2020
Apertura mostra mercoledì 30 settembre dalle ore 12 alle 21
Saranno presenti gli artisti.
RIBOT – arte contemporanea

Via Enrico Nöe 23 – Milano

orario: da martedì a venerdì / dalle ore 15 alle 19.30
sabato dalle 11.30 alle 18.30
anche su appuntamento
<<< «La morte dell’altro uomo mi chiama in causa e mi mette in questione, come se io diventassi, per la mia eventuale indifferenza, il complice di questa morte, invisibile all’altro che vi si espone; e come se, ancora prima di esserle io stesso destinato, avessi da rispondere di questa morte dell’altro: come se dovessi non lasciarlo solo nella sua solitudine mortale.»
(E. Lévinas-A. Peperzak, Etica come filosofia prima [1989], trad. it. di F. Ciaramelli, Guerini e Associati, Milano 2001, III, 4, p. 56.)
Ab origine e secondo la pluralità di moduli che ingloba, il termine dialogo (dal latino dialŏgus, in greco antico διάλογος, derivato di διαλέγομαι «conversare, discorrere» composto da dià, “attraverso” e logos, ”discorso”) indica il confronto principalmente verbale, inteso come procedimento di ricerca a tutto spiano, condotto tra due o più interlocutori e inteso come strumento per esprimere sentimenti eterogenei, i punti di vista di ciascuna delle parti coinvolte e per discutere di idee non necessariamente contrapposte. L’interazione dialogica, qui intesa come strumento di strategia espositiva tra due volti, va certamente intesa, nel suo significato più intrinseco, come momento di apertura, libertà di scambio reciproco, rispetto e accoglienza dell’altro. Nella fenomenologia dell’intellettuale francese Emmanuel Lévinas, per esempio, il dialogo, che coinvolge esseri umani finiti nella ricerca di una verità non terminabile, diventa strumento di una coscienza intenzionale che incessantemente tende verso l’infinito ed è fortemente connotato dalla presenza del sensibile e dal desiderio di svelare l’invisibile. La conversazione, intesa come sinonimo di dialogo, si articola in due momenti: prima quello dell’apertura, intesa come inizio della conversazione stessa, e successivamente quello dello sviluppo, meccanismo tipico dell’analisi conversazionale che si basa sulle famigerate coppie adiacenti, altrimenti dette di azione e reazione. La conversazione si può certamente considerare come la forma prototipica del dialogo faccia a faccia e, nello specifico, con il dialogo condivide infatti i due tratti centrali dell’interattività e dell’intenzionalità. E come in ogni produzione linguistica, le varie forme della conversazione sono fortemente influenzate dal contesto. Una dialettica di stampo prettamente estetico risente di tutti questi aspetti caratteristici del dialogo e li enfatizza portandoli all’estremo limite, palesando una ricerca continua verso un non detto che si dice tra balzi strutturali e rimandi visivi in un gioco infinito che affonda le basi nell’articolata ricerca artistica dei due interlocutori.
Da un lato, per dirla con Sigmund Freud, «la creatività è un tentativo di risolvere un conflitto generato da pulsioni istintive biologiche non scaricate, perciò i desideri insoddisfatti sono la forza motrice della fantasia ed alimentano i sogni notturni e quelli a occhi aperti», sorgente indiscutibile nella pratica artistica di Igor Hosnedl, utile al fine di costruire un linguaggio che si fa sempre più personale attraverso l’abitudine di disegnare costantemente. Questa tecnica, inoltre, gli consente di avvicinarsi alla scrittura automatica e all’ispirazione istintiva naturale, pertanto di vivere analiticamente in una antitetica conditio sine qua non in bilico tra razionale e irrazionale. Il processo creativo vede Hosnedl protagonista di un costante soliloquio e tale processo fantasioso e ripetitivo è radicato nella costruzione dello spazio pittorico. Hosnedl è indubbiamente legato ai temi classici prestabiliti come la natura morta e la pittura paesaggistica, elementi che gli permettono di celebrare sensibilmente la sua cultura ancestrale con tutte le caratteristiche che da sempre la contraddistinguono;
dall’altro, l’interesse intrinseco di Vera Kox per la scultura che è influenzato dal coinvolgimento antropocentrico e dai paesaggi degli scavi industriali del suo luogo di origine, Esch / Alzette in Lussemburgo, laddove le ex miniere di ferro che circondano la città presentano uno scenario di natura segnata da interferenze umane. Questo impatto dell’attività umana sull’ecosistema terrestre si riflette nel suo lavoro e per di più Kox non esclude tutte le caratteristiche epistemologiche, ontologiche, assiologiche o normative in correlazione a tal proscenio, sperando in una riconciliazione autentica tra gli interessi antropocentrici e il bisogno di estendere la comunità morale oltre l’umanità. La pratica scultorea di Kox è informata e consapevole, anche da un punto di vista di scelta dei materiali. Crea installazioni e sculture sia pianificate sia di improvvisazione site specific che presentano dialoghi, tensioni e interazioni tra gli tutti gli elementi coinvolti. Appeso al soffitto, appoggiato al muro o adagiato sul pavimento, il suo lavoro in tutte le sue forme presenta materiali combinati in situazioni insolite, creando una simbiosi indispensabile per presentare volutamente fossili contemporanei e reliquie delle nostre moderne realtà materialistiche, spingendo così la definizione di scultura oltre l’ordinario.>>>