Matteo Gobbo – Il Melograno Art Gallery – Livorno

Mater-o (Matteo Gobbo) in mostra da sabato 24 ottobre 2020 a Livorno  alla galleria Il Melograno

Inaugurazione ore 18

Sarà presentata la serie  “Silenzio e Materia ” che si ispira alla parte silenziosa dell’universo e dell’uomo. 

Nasce nel 2020 dalla necessità di raccontare la parte silente che è in ognuno di noi passando attraverso la stratificazione materica. I colori chiari, bianchi e grigi aiutano a ricreare la dimensione “sospesa”. Le opere sono su tela e su diversi strati e sovrapposizioni.  I rilievi fanno sì che la luce, giocando tra i diversi piani, dia effetti e colori diversi, animati. 

Il nome Mater-o, nome d’arte di Matteo Gobbo, parte dalla distorsione del nome Matteo, ma fondamentalmente è un richiamo alla materia, materia come parte tangibile di noi che allo stesso modo esprime anche la spiritualità, il non tangibile, concetto sul quale è basato tutto il suo lavoro.

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Livorno, via Marradi 62/68

Orario: 11/13 e 17/23

Tutti i giorni, domeniche comprese.

Saremo chiusi soltanto il lunedì mattina

Silenzio e Materia.
Il mio lavoro è contaminato dai lavori dei maestri dell’informale dello spazialismo e dell’arte povera, i loro concetti legati allo spazio tempo, all’espressione della materia e un bisogno continuo di relazionarsi con il fruitore, vengono reincontrati continuamente nel processo di produzione.

L’arte nasce con l’uomo, e cerca di indagare la natura tutt’oggi ancora misteriosa della nostra specie, scava tra gli anfratti, la smembra, la sollecita, in una continua ricerca, alla scoperta di nuovi orizzonti, ma anche in una rilettura sempre nuova della storia dell’arte . Ciò che l’uomo produce è in qualche modo specchio di se stesso, cosi le mie opere sono lo specchio del mio percorso umano.

La propensione naturale ad immergermi nella profondità della vita, ma ha condotto fino ai confini del raziocinio, constatando che questo “mezzo” non può bastare per indagare l’oltre, qui dove il paradosso sembra crescere a dismisura, l’unica certezza che possiamo avere è la nostra esperienza diretta; ed è proprio questo esperire fondamentale per il mio lavoro, superato il primo impatto estetico con l’opera, ci possiamo rapportare con il raziocinio o attraverso la parte emotiva che molte volte reagisce inconsciamente, il mio lavoro richiede
un’indagine dall’osservatore, che visti questi meccanismi possa rimanere ancora ad osservare per vedere se c’è qualcos’altro, è in quello spazio che si instaura una relazione con l’oggetto, quel rapporto diviene intraducibile alla verbalizzazione, quando l’abbiamo razionalizzato già ne abbiamo perso la completezza, ecco è in quello spazio che si sviluppa la mia ricerca. 
Questo è sempre stato presente fin dagli albori nell’arte, che da sempre ha sollecitato la parte irrazionale dell’individuo, oggi alcuni pensano che l’arte sia morta che non abbia più nulla da dire, e se invece stesse morendo solo un vecchio modo di interpretarla?

Il mio approccio alla tela avviene in punta di piedi, la mia neutralità e trasparenza sono le basi del mio lavoro, lasciando la possibilità al momento di esprimersi nel più diretto modo possibile, fare arte per me è tradurre l’intraducibile, non vista come una sfida ma come un naturale processo di umanizzazione.